Ucciso per un debito a Torino, il killer era già stato condannato per un omicidio a Mondragone

di Redazione

Svolta nell’omicidio di Massimo Lodeserto (nella foto), il cui cadavere era stato ritrovato in una cantina, a Torino, dopo che ne era stata denunciata la scomparsa lo scorso 30 agosto. La famiglia si era rivolta anche alla trasmissione “Chi l’ha visto?”. – continua sotto –  

Il responsabile sarebbe Nino Capaldo, 57 anni, originario di Frattamaggiore (Napoli), ritenuto affiliato al clan camorristico casertano Gagliardi-Fragnoli, che si trovava nel capoluogo piemontese per scontare ai domiciliari la condanna a 15 anni, inflitta con sentenza definitiva, per essere stato complice dell’omicidio di un uomo, avvenuto nel 2014 a Mondragone, in provincia di Caserta.

Lodeserto, 58 anni, sarebbe stato assassinato a colpi di martello da Capaldo che, a quanto si apprende, risulta inserito in un programma di protezione. Nel corso dell’interrogatorio, durato tutto il pomeriggio di ieri, l’indagato avrebbe fatto delle ammissioni.

Il corpo di Lodeserto, vicino di casa di Capaldo, fu trovato in una cantina abbandonata nella casa popolare di via san Massimo, angolo via Giolitti, nel centro di Torino. Il presunto assassino abita proprio nell’appartamento accanto alla cantina. – continua sotto –  

Il movente dell’omicidio sarebbe economico riguardante un debito che non era di Capaldo ma di una donna che aveva prima avuto una relazione con la vittima e poi con il presunto killer. Sarebbe stata proprio la donna a riferire a Capaldo dei 100mila euro che Lodeserto avrebbe preso da un’attività che gestivano insieme. A quel punto, il pregiudicato napoletano avrebbe iniziato a chiedere i soldi al suo vicino di casa, per poi fissare un incontro, avvenuto il 30 agosto, a casa di Capaldo dove quest’ultimo avrebbe ucciso il 58enne con un martello.

Nel 2019 Capaldo era stato condannato dalla Corte di Cassazione a 15 anni per di un corriere della droga che venne picchiato, assassinato e il cui cadavere fu dato alle fiamme. I carabinieri, coordinati dalla procura di Torino, sono arrivati a lui grazie alle intercettazioni telefoniche.

Il corpo di Lodeserto era nascosto molto bene, sotto un cumulo di masserizie. Sono stati i cani molecolari a trovarlo. Il giorno della sua scomparsa aveva detto a suo fratello Giacomo che non poteva raggiungere la famiglia in vacanza in Puglia perché aveva trovato lavoro in un’impresa di pulizie. Gli ultimi a vederlo vivo erano stati alcuni abitanti del quartiere.

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