Inchiesta Covid, Procura di Bergamo: “Zona rossa avrebbe evitato 4mila morti. Fontana non segnalò criticità”

di Redazione

“Andava attuato il piano pandemico”. Lo sostiene, in merito all’inchiesta Covid, la Procura di Bergamo. “Il nostro problema – spiega il procuratore Antonio Chiappani – è stato sì quello del mancato aggiornamento del piano, e questo riguarda un lato ministeriale, ma anche la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi già previsti nel piano antinfluenzale comunque risalente al 2006. Se la zona rossa fosse stata estesa sin da subito si sarebbero evitate oltre 4mila morti”. Il pm dice inoltre che Fontana non avvisò Conte di “criticità” ad Alzano e Nembro. E accusa il direttore dell’Iss Silvio Brusaferro di aver impedito l’adozione di misure anti-Covid. I parenti delle vittime hanno ringraziato i magistrati. – continua sotto –

“La zona rossa avrebbe evitato 4mila morti” – In un’imputazione per epidemia colposa di cui rispondono anche l’ex premier Giuseppe Conte e il governatore lombardo Attilio Fontana, la Procura di Bergamo ha scritto che gli indagati con le loro decisioni avrebbero causato “la diffusione dell’epidemia” in Val Seriana; con un “incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero di decessi in meno che si sarebbero verificati” se fosse stata “estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020”.

“Dati catastrofici, ma Conte non fece istituire la zona rossa” – Conte, assieme ai componenti del Cts, nelle riunioni del 29 febbraio e 1 marzo 2020, si sarebbe “limitato a proporre (…) misure meramente integrative, senza ancora una volta, prospettare di estendere la (…) zona rossa ai comuni della Val Seriana, inclusi (…) Alzano Lombardo e Nembro nonostante l’ulteriore incremento del contagio”, in Lombardia e “l’accertamento delle condizioni che (…) corrispondevano allo scenario più catastrofico”.

“Fontana non avvisò Conte delle criticità ad Alzano e Nembro” –  Fontana con due “distinte mail del 27-2-2020 e del 28-2-2020” chiese a Giuseppe Conte “il sostanziale mantenimento delle misure di contenimento già vigenti in Regione Lombardia, non segnalando alcuna criticità relativa alla diffusione del contagio nei Comuni della Val Seriana”, in particolare ad Alzano Lombardo e Nembro, sempre secondo quanto scrive la Procura di Bergamo nell’imputazione per epidemia colposa. Non richiese dunque “ulteriori e più stringenti misure di contenimento” nonostante, scrivono i pm, “avesse piena consapevolezza della circostanza che l’indicatore r0 avesse raggiunto valore pari a 2, e che nelle zone ad alta incidenza del contagio gli ospedali erano già in grave difficoltà per il numero dei casi registrati e per il numero dei contagi tra il personale sanitario”. La contestazione per Fontana va “dal 26-2-2020 sino al 3-3-2020”, data in cui “nel corso della riunione del Cts Regione Lombardia per il tramite dell’assessore al Welfare esprimeva parere favorevole all’istituzione della zona rossa”. – continua sotto –

Fontana: “La competenza esclusiva era dello Stato” – Al riguardo, Attilio Fontana afferma: “Non so sulla base di quali valutazioni il professore senatore Crisanti ha tratto le conclusioni che hanno portato a questa incriminazione. Quando si tratta di emergenza pandemica, la competenza è esclusiva dello Stato secondo la Costituzione, non secondo me. E poi se avessi emesso l’ordinanza (per la zona rossa nel Bergamasco) con chi l’avrei fatta eseguire? Non ho a disposizione né l’esercito né i carabinieri”.

“Brusaferro impedì l’adozione di misure anti-Covid” – I pm scrivono inoltre che il direttore dell’Iss Silvio Brusaferro, nonostante le raccomandazioni e gli alert lanciati dall’Oms a partire dal 5 gennaio 2020 avrebbe proposto di “non dare attuazione al piano pandemico, prospettando azioni alternative, così impedendo l’adozione tempestiva delle misure in esso previste”. Brusaferro risulta pertanto indagato per epidemia colposa e rifiuto di atti d’ufficio. Con lui indagati anche, tra gli altri, l’ex ministro Roberto Speranza, l’ex dg della prevenzione del ministero, l’ex capo della Protezione civile Angelo Borrelli.

Parenti vittime: “Ora si riscrive la storia” – “Per tre anni nessuno ci aveva ascoltato, mentre oggi vogliamo essere grati alla Procura di Bergamo”. Così una decina di familiari delle vittime del Covid, dopo che mercoledì è stata chiusa l’indagine sulla pandemia, con 22 indagati tra cui l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Roberto Speranza. Grande la commozione davanti alla Procura, in piazza Dante: “Non è un atto d’accusa il lavoro dei pm – hanno detto – ma una ricostruzione” di quella che hanno definito la “strage bergamasca”. Presenti i familiari giunti dalla Bergamasca e dalle province limitrofe. Con loro il team di legali che li assiste. “C’è grande gratitudine adesso – hanno sottolineato i familiari – perché per noi si riscrive la storia in questo momento. È ormai chiaro che non è stato uno tsunami improvviso e che qualcuno sarebbe dovuto intervenire”.

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