Teverola, ucciso dalla camorra per difendere la fidanzata: la storia di Genovese Pagliuca su Rai1

di Redazione

Teverola (Caserta) – La storia di Genovese Pagliuca, il giovane di Teverola (Caserta) ucciso il 19 gennaio del 1995, all’età di 23 anni, dal clan dei casalesi, che aveva affrontato per difendere la fidanzata, è stata al centro della terza puntata di “Cose nostre”, la trasmissione in onda su Rai1, lunedì 25 luglio, dalle ore 23.25 (GUARDA IL VIDEO SU RAIPLAY). – continua sotto –

Le disavventure di Genovese e della fidanzata Marianna iniziarono nell’estate del 1993. La ragazza faceva la parrucchiera a domicilio e proprio tramite il suo lavoro conobbe Angela Barra, amante del boss Francesco Bidognetti. La donna, seppur madre di cinque figli, si invaghì della ragazza e, con l’attenuante di chiamare Marianna per la professione, riuscì a conquistare la fiducia della giovane. Diventarono amiche al punto che quando a settembre Marianna ebbe un litigio con la famiglia e decise di andarsene di casa, chiese ospitalità alla nuova amica in attesa di trovare un nuovo alloggio.

Inizialmente tutto sembrava normale ma ben presto, però, quell’ospitalità divenne per Angela il pretesto per fare delle avances esplicite che ad ogni rifiuto della giovane divennero sempre più insistenti e violente. Allontanato dalla gelosia della donna, Genovese continuava a cercare un contatto con la fidanzata finché, a dicembre, Angela decise di sequestrare la giovane portandola in un’altra abitazione aiutata dal fratello e da un altro amico.

Per circa un mese Marianna venne imbottita di sedativi e abusata da Angela e dai due complici finché, una mattina del gennaio ’94, la ragazza riuscì a fuggire. Tornò a casa dove raccontò tutto al fidanzato e alla famiglia. I due giovani decisero di tenere nascosta la vicenda temendo il disonore e la vendetta della camorra. Pensarono che l’unico modo per venirne fuori fosse allontanare la ragazza da Teverola mentre il fidanzato sarebbe rimasto in paese per non destare sospetti. – continua sotto –

Da quel momento iniziarono le aggressioni e le minacce ai danni di Genovese che, nonostante tutto, non cedette alle intimidazioni, sempre intenzionato a difendere Carla e senza rivelare dove alloggiava. Gli scontri continuarono quasi un anno finché ricevette la “condanna definitiva” da Angela Barra: il giorno che avrebbe aperto la macelleria lui sarebbe morto. Mancavano pochi aggiusti e si avvicinava il giorno all’inaugurazione quando la vita di Genovese fu stroncata dalla camorra. Mentre si intratteneva con gli amici in piazzetta, a Teverola, fu avvicinato per l’ennesima volta dai suoi persecutori ma, questa volta, anziché arrivare alle mani estrassero le armi e inveirono al volto del ragazzo esplodendo diversi colpi di pistola e lupara. Il corpo di Genovese fu ritrovato in auto a pochi metri dalla gelateria di proprietà dei Barra.

Solo quando Marianna apprese la notizia di Genovese decise di rompere il muro dell’omertà confessando tutto alle forze dell’ordine. Dalle confessioni della ragazza vennero arrestati Angela Barra, suo fratello Carmine e il secondo complice, Luigi De Vito. Nel 2009 la corte d’Appello emise le sentenze di condanna all’ergastolo per Aniello Bidognetti, figlio del capoclan, e Giuseppe Setola, ritenuti gli esecutori materiali dell’omicidio di Genovese. Il Ministero dell’Interno non riconobbe lo status di vittima innocente della criminalità al giovane; status che poi arrivò solo nel 2018, riconoscendo anche il vitalizio ai genitori dopo il ricorso presentato dall’avvocato Gianni Zara. Ma il Viminale fece ricorso, sostenendo che l’omicidio di Pagliuca era maturato dall'”atteggiamento provocatorio” del giovane nei confronti di Angela Barra, revocando lo status e il vitalizio. Attualmente pende un ricorso in Cassazione.

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