Aversa, internazionalizzazione imprese: Di Maio incontra i commercialisti di Napoli Nord

di Nicola Rosselli

Aversa (Caserta) – Una giornata storica per l’Ordine dei Dottori Commercialisti e Revisori Contabili di Napoli Nord. Con queste parole il presidente dell’organismo aversano Franco Matacena ha definito l’evento che ha registrato, presso la sede dell’Ordine, la presenza del ministro degli Esteri, Luigi di Maio, in occasione del forum «Imprese e professionisti sui mercati internazionali. Le opportunità per il Mezzogiorno» proposto da Francesco Corbello, presidente del Forum Italiano dell’Export Campania, per la cui riuscita si sono impegnati l’intero Ordine e il consigliere regionale del M5S Salvatore Aversano. – continua sotto –

Ad aprire i lavori, insieme a Matacena, il vescovo di Aversa Angelo Spinillo e il sindaco della città normanna Alfonso Golia. Il presidente, dopo aver ringraziato il ministro per il suo intervento, ha evidenziato che l’Ordine dei commercialisti di Napoli Nord è uno dei più giovani ordini d’Italia, costituito nel 2014 all’indomani dell’istituzione del Tribunale di Napoli Nord. Ed oggi conta circa 1600 iscritti. «Con questa iniziativa, in una fase particolarmente delicata, – ha continuato Matacena – vogliamo dare impulso alle imprese del Mezzogiorno a poter utilizzare   risorse utili alla ripresa economica. Saremo vicini alle imprese contribuendo a che le imprese sappiano puntare alla crescita senza distruggere le risorse naturali e che sappiano operare nel rispetto massimo dell’ambiente. Saremo anche vigili, per quanto di nostra competenza, a che crescano le Aziende sane. Corbello ha evidenziato come, secondo i dati Istat, lo scorso anno, l’export nel Mezzogiorno ha raggiunto il valore di 50,9 miliardi di euro, pari appena al 9,9% delle esportazioni nazionali».

Il commercialista, specializzato proprio in internazionalizzazione, ha avuto anche parole di elogio per il titolare della Farnesina che, insieme al collega della Pubblica Amministrazione, «sono stati i primi a raggiungere l’obiettivo del Pnrr entro il termine previsto del 31 dicembre 2021 con la concessione di finanziamenti agevolati alle prime 5.200 Pmi ed ha messo a favore dell’internazionalizzazione delle imprese italiane, mediante il ‘Patto per l’Export’, risorse per 7,2 miliardi di euro, riteniamo che siano necessarie misure ad hoc per sostenere le imprese del Sud, per la quasi totalità Micro e Medie, sui mercati internazionali». Ed è stato proprio su questo presupposto che sono state illustrate alcune proposte al ministro Di Maio «convinti che, se si vuole internazionalizzare il Mezzogiorno e le numerose eccellenze dei nostri territori, occorre partire proprio dalle micro e piccole imprese».

«In Europa – esordito ha detto Di Maio – devono capire che la transizione ecologica non la devono pagare le classi meno abbienti, altrimenti sarà odiata. Bisogna fare in modo che per questa transizione si impieghi il tempo che serve per evitare traumi. Per quanto riguarda il settore dell’automotive, noi come Stato non abbiamo una presenza diretta nelle aziende come avviene in Francia, ma dobbiamo comunque metterci in testa che questo è un momento di grandi cambiamenti in cui vanno difesi i nostri interessi nazionali pur senza mettere in discussione la strada intrapresa della transizione ecologica». «Il Sud deve poter esportare di più, – ha continuato il ministro – e per farlo deve puntare sulla regione del Mediterraneo. Dobbiamo necessariamente sbloccare 60 milioni di tonnellate di grano dirette verso i Paesi africani, altrimenti saremo più instabili economicamente e a pagare sarà ancora una volta il Sud». – continua sotto –

Sull’internazionalizzazione delle imprese, la cui competenza è tornata di recente al ministero degli Esteri dopo circa 30 anni, Di Maio ha affermato: «Ci vorrà tempo ma siamo sulla strada giusta perché vedo grande fermento. Se il Made in Italy fosse un brand sarebbe il terzo più conosciuto al mondo dopo Visa e Coca Cola. Dopo la pandemia è aumentata la cultura della qualità e tutti sanno che il Made in Italy è sinonimo di qualità. Il problema sono i 100 miliardi di euro di Italian Sounding (il falso Made in Italy) nel mondo, che va contrastato con la tecnologia. Ci vorrà un po’ di tempo per integrare questa grande famiglia, serve un interlocutore unico per dare alle imprese una risposta unitaria, ma siamo sulla strada giusta».

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