Cesa, camorra e rifiuti: confiscati beni per 10 milioni ai fratelli Vassallo

di Redazione

Cesa (Caserta) – I finanzieri della compagnia di Marcianise hanno eseguito un provvedimento di confisca di beni per un valore di circa 10 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Napoli, nei confronti dei fratelli Antonio Vassallo, Nicola Vassallo e Salvatore Vassallo di Cesa, imprenditori condannati in primo grado alla pena di sei anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per il reato di disastro doloso continuato, aggravato dal metodo mafioso. I tre sono fratelli di Gaetano Vassallo, oggi collaboratore di giustizia, ex imprenditore dei rifiuti al servizio della camorra, considerato tra i massimi organizzatori di traffici e sversamenti illeciti di rifiuti, insieme all’altro imprenditore del clan, Cipriano Chianese, originario di Parete (Caserta), condannato per il disastro ambientale della discarica “Resit” di Giugliano. – continua sotto – 

Le indagini, svolte a suo tempo sotto la direzione della Procura della Repubblica di Napoli, avevano consentito di accertare che i fratelli Vassallo, attraverso la società “Novambiente Srl”, a loro riconducibile, erano riusciti a smaltire illegalmente un’ingente quantità di rifiuti, anche tossici e pericolosi, conferendoli in numerose discariche abusive, tra cui la nota “Cava Giuliani” di Giugliano (Napoli), provocando gravi danni ambientali alle aree circostanti, parte delle quali adibite a intense coltivazioni agricole. Il tutto era stato realizzato, secondo quanto riferito anche dal collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo, sotto l’egida e il controllo della camorra e, in particolare, del gruppo criminale capeggiato da Francesco Bidognetti, detto “Cicciotto ‘e Mezzanotte”, capo dell’omonima fazione federata al “Clan dei Casalesi”, il quale aveva ottenuto in cambio una parte dei profitti illegali maturati nel tempo, così assicurandosi una cospicua fonte di finanziamento illecito. – continua sotto – 

I paralleli accertamenti economico-finanziari disposti dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia partenopea ed eseguiti dai finanzieri, grazie anche all’utilizzo dell’applicativo “Molecola” realizzato dal Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico), avevano consentito di ricostruire in capo agli indagati le rispettive dotazioni patrimoniali e di dimostrarne la loro presumibile origine illecita in ragione dell’accertata condizione di sproporzione rispetto alle disponibilità ufficiali. Il conseguente sequestro preventivo adottato nel 2008 dal giudice delle indagini preliminari è stato recentemente confermato in toto dal Tribunale il quale ha così disposto la confisca di un ingente patrimonio composto da 44 immobili a uso commerciale e abitativo, 13 ettari di terreno, 7 orologi di prestigio, 900mila euro in disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. IN ALTO IL VIDEO

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