Aversa, Rossana mai lasciata sola: quando la giovinezza è amore

di Redazione

“I giovani non sono una garanzia per il futuro, sono svogliati e pigri. I ragazzi non sono più quelli di una volta”. “Una generazione vuota di ideali, di punti di riferimento e privi di valori”. E’ il leitmotiv che tante volte ribadiamo, come una litania che ormai è entrata a far parte di noi e ripetiamo a memoria, senza nemmeno guardarci intorno, proprio come una preghiera recitata solo con la bocca senza approfondirne il significato. La tv, i social, i giornali, tutti a rimproverare, a giudicare, a puntare il dito facendo di tutt’erba un fascio. Le notizie di cronaca, quelle negative, la fanno da padrone: siamo diventati un popolo di caccia allo scoop. Alimentando quel gioco mediatico dell’accomunare tutti a “pochi”, si misura una generazione basandosi su un paio di episodi “sbattuti” in prima pagina, producendo così dei mostri.

E le cose belle, dove sono andate a finire? Non ci sono? Al contrario, ce ne sono anche tante! Ma lo spazio riservato alle ragazze e ai ragazzi che con generosità si danno da fare nelle tantissime associazioni di volontariato o a chi, nonostante le enormi difficoltà, semina i propri sogni e riesce a raccogliere anche dei frutti, è davvero poco. Lo spazio non c’è, perché non fa notizia! Allora permettetemi di andare contro corrente e di dare notizia e visibilità a dei giovani che nel silenzio, ma nel più rispettoso “rumore”, hanno dato parte di sé per qualcun altro. Quello a cui si è assistito nella tragica vicenda della giovanissima Rossana Mazzarella (leggi qui), venuta a mancare così presto e che ha commosso un’intera comunità, ci deve far capire quanto poco valutiamo e valorizziamo le ragazze e i ragazzi di oggi. Certo, tutti speravamo nel miracolo della guarigione, ma se questo non si è manifestato, senz’altro dobbiamo dire che abbiamo visto un altro tipo di “miracolo”, quello di un intero gruppo di giovani che gratuitamente, generosamente e con slancio si sono stretti intorno a Rossana. Per due mesi (periodo che ha visto aggravarsi la malattia e precipitare la situazione), questi giovani non hanno mai lasciato sola Rossana e la famiglia. E questo non è scontato! Proprio per la giovane età, si poteva pensare di scappare di fronte alla malattia perché è qualcosa che non appartiene loro, non è naturale ammalarsi e morire giovani, si ha una vita, un futuro avanti.

Dunque, non generalizziamo, “i giovani – come diceva qualcuno – vanno chiamati per nome”, allora permettetemi di chiamarli per nome, pur consapevole che dimenticherò qualcuno. Una citazione che non vuole essere un distintivo di merito, ma un rendere vivo e presente ciò che spesso è nascosto sotto i nostri occhi. Lasciatemi dire un grazie sentito dal cuore per il grande insegnamento che ci hanno lasciato, per l’esempio che hanno dato a tutti noi. Inizio col citare Mario, il giovanissimo infermiere e cugino di Rossana, che l’ha curata teneramente; Tommaso, il cugino silenzioso e discreto innamorato di Rossana; Salvatore, il gigante buono; Antonio, il cognatino premuroso; Pia, la cuginetta; Angela, una piccola ma immensa donna che era in simbiosi con la sorellina e che non smetteva di baciarla come per trasferirle il suo ossigeno vitale; AngelaRita, la cugina che le teneva la mano e col fidanzato Vincenzo, sempre attivamente delicatamente presenti; le amiche che Rossana desiderava avere accanto Imma e Fabiana; senza dimenticare Daria.

Kierkegaard diceva “Cos’è la giovinezza? Un sogno. Cos’è l’amore? Il contenuto del sogno”. Se, quindi, la giovinezza è l’amore, allora dovremmo anche noi imparare a trattare con rispetto e fiducia questo genere troppo spesso bistrattato. Grazie ragazze e ragazzi per averci fatto conoscere da vicino e aver toccato l’amore! N.C.

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