La Teleferica tra Sessa Aurunca e Roccamonfina: un esempio di “architettura organica”

di Redazione

di arch. Salvatore Costanzo – Come è ormai consuetudine dei nostri percorsi architettonici promossi fino a ieri sulla conoscenza dell’ “organicismo” in Terra di Lavoro, anche l’argomento di oggi continua una serie specificamente dedicata a studi e ricerche progettuali nel settore ambientale-paesaggistico, in un’area, quella dell’alto casertano, su cui ci soffermeremo per registrare una singolare iniziativa: la realizzazione di un impianto di Teleferica tra Sessa Aurunca e il Monte Santa Croce a Roccamonfina (in alto una galleria fotografica), strutturato attraverso un intervento ponderato ma efficace, previsto in un sistema ricettivo integrato (1). Innumerevoli i tentativi di valorizzare l’antica Suessa (centro principale degli Aurunci) e il suo ricco patrimonio di monumenti romani, medioevali e barocchi (2), iniziative che non sempre hanno fruttato l’effetto sperato.

Il quadro complessivo che oggi emerge da una serie di problematiche che riguardano l’area di Sessa Aurunca, apre sicuramente nuove chiavi di lettura sul modo di indagare il territorio domiziano (3), dove gli abitanti vivono separati da “reti” rigidamente chiuse e collegate da mezzi di trasporto fortemente inquinanti. Combinando modi di trasporto diversi, utilizzando l’elettronica e tecnologie ecocompatibili, il progetto di cui si discute che vede protagonista chi scrive (insieme al geologo Paolo Farina), elabora una moderna Stazione di tensione a valle (Sessa Aurunca) e una Stazione motrice a Roccamonfina, tali da consentire una migliore circolazione, più economica e più sicura in risposta alle esigenze della popolazione ma, in primis, per stimolare la crescita del turismo culturale nelle località poco conosciute e visitate dai flussi turistici. Il ruolo e il compito di tale collegamento, dal punto di vista trasportistico e socio-economico si rivelerà fondamentale dando un contributo sostanziale all’unitarietà dell’area nel contesto dell’intera Regione; un rapporto che oggi risulta ancora negativo e frenante lo sviluppo di una delle zone più sottoutilizzate dell’intera Regione Campania: il Vulcano del Roccamonfina.

L’impianto previsto costituirà per lo sviluppo urbano dei due Comuni un fattore critico di successo: non ignorerà il servizio alla Città di Sessa Aurunca e al suggestivo Borgo di Roccamonfina (nel cui territorio è previsto un Ecoparco-museo), sia come trasporto e sia come interscambio funzionale, e consentirà in breve tempo di costruire di fatto una grande occasione di riqualificazione delle aree urbane del comprensorio. Attraverso servizi connessi, l’impianto di Teleferica diventerà uno degli strumenti più significativi nel processo di riassetto globale dell’area, e consentirà di: ridare una nuova centralità alla stazione ferroviaria di Sessa Aurunca; riqualificare il patrimonio edilizio abbandonato, allocandovi funzioni economicamente remunerative e socialmente utili; diminuire l’impatto ambientale del traffico urbano di Sessa riducendo l’inquinamento acustico e atmosferico, generato dall’attuale sistema dei trasporti (soprattutto auto private e autobus); creare un nodo di interscambio con funzioni generatrici di “flusso” a vantaggio di scuole, uffici, attività commerciali, che verranno serviti in punti ottimali; ricucire il tessuto urbano con evidenti vantaggi sui trasporti e benefici per l’assetto territoriale e per il valore intrinseco del patrimonio abitativo e monumentale.

E’ bene mettere in luce che il servizio di Teleferica non rappresenta soltanto una modalità nuova di spostamento, ma definisce un diverso stile di vita rispetto ai ritmi frenetici rappresentati dal trasporto su gomma; esso offre l’opportunità di organizzare dei nuovi tempi del vivere nei quali può trovare posto la riscoperta di valori culturali legati alle tradizioni locali, specialmente in prospettiva turistica. Inoltre faciliterà gli spostamenti attraverso un territorio “difficile” dal punto di vista orografico, rendendoli confortevoli e sicuri in qualsiasi stagione dell’anno; ed ancora, messo in diretta concorrenza con i tempi dilatati del trasporto veicolare, consentirà di ridurre i “perditempo” dello spostamento origine-destinazione.

E’ da questa angolazione che va inteso un viaggio in teleferica: esso si pone nell’orizzonte geografico dell’alto casertano come qualcosa da assaporare momento per momento per ritrovare antiche sensazioni, attraverso l’osservazione di luoghi da una posizione di assoluto privilegio. Ciò può favorire la crescita di un turismo alternativo, caratterizzato da una maggiore sensibilità nei confronti delle bellezze paesaggistiche. Un turismo certamente consono alle ricchezze naturali ed artistiche di una zona ricca di centri minori, di scorci poco noti, di destinazioni solo apparentemente secondarie, che vanno riscoperte e valorizzate.

Il disegno generale dell’impianto di Teleferica si presenta particolarmente adatto – sia come costruzione che come gestione – a superare il dislivello tra due dei più singolari siti di interesse panoramico e turistico dell’area casertana, presentando numerosi aspetti positivi: durata nel tempo, costi di funzionamento contenuti, bassa sensibilità al vento, adattabilità al percorso e alle condizioni orografiche. Dal punto di vista architettonico, per entrambe le Stazioni, il progetto prevede delle strutture ben articolate, che saranno realizzate con tecniche di bioarchitettura, dando la preferenza all’impiego di materiali naturali.

Risulta fondamentale associare i suddetti interventi ad alcuni miei lavori di pianificazione territoriale riconducibili al repertorio linguistico del decennio ’90, la cui disamina, oggi, può restituire un clima più consono alle esperienze professionali che si fecero strada attraverso l’idea di uno sviluppo univoco, coagulato in episodi successivi nel tempo. In quegli anni, chi scrive basò la ricerca ambientale e territoriale soprattutto sui principi dell’architettura organica, proponendo un nuovo rapporto con la natura influenzato dalle teorie sperimentali di John Lautner, una delle personalità più originali del ‘900, che privilegiò costantemente l’idea di “integrazione tra progetto e luogo”. Egli registrò l’aspirazione agli ideali di verità e di bellezza, incarnati nella forma architettonica, da realizzare attraverso l’integrità della rappresentazione. Con il suo particolare sperimentalismo, il Lautner interpretò l’architettura organica soprattutto come “immagine”, prefiggendosi di coniugare la versatilità della forma alla ricerca della gestione dei materiali e delle innovazioni tecniche (4).

Non potendo citare , in questa sede, le sue numerose opere, è invece rilevante mettere a fuoco la forma architettonica della Stazione di tensione a valle di Sessa Aurunca, per la quale occorre precisare che l’ispirazione naturalistica va relazionata ancora una volta all’ammaliante mondo marino (si veda, ad esempio, l’immagine fluttuante del mollusco che caratterizza l’Edificio scolastico “De Sanctis”, da me realizzato a Marcianise nel 1992, o il precedente progetto del Centro sociale per disabili a Capodrise del 1989, dove il riferimento più evidente è quello di un granchio). La base organica della composizione di Sessa Aurunca – al pari del suo modello strutturale – è da accostare al disegno di un noto crostaceo (penaeus monodon). Sta di fatto che per comprendere l’effetto vistoso e durevole dell’opera sessana, i critici devono prendere in considerazione un insieme di fattori legati al linguaggio dell’organicismo avanzato.

Concluderemo con due importanti annotazioni: sia per l’area di Sessa Aurunca che per quella di   Roccamonfina, le ricerche spaziali e strutturali delle Stazioni rientrano nell’ottica progettuale  della “parentela degli edifici col suolo” (5): molti gli elementi architettonici riuniti in blocchi parallelepipedi e volumi con forme circolari, che tendono a formarsi con l’ambiente naturale nel tentativo di creare un insieme armonioso e innovativo, di pregevole equilibrio estetico. Dalla leggibilità dei complessi rappresentati, il quadro complessivo che emerge apre sicuramente ulteriori chiavi di lettura sull’idea che dall’esterno sia possibile comprendere la funzione degli spazi delle due nuove architetture domiziane, studiate per adattarsi alle esigenze espressive e strutturali degli impianti planimetrici. Non è da escludere la possibilità di provvedere, al di là della sistemazione e armonizzazione delle parti meccaniche rispetto a quelle più specificamente architettoniche, l’organizzazione di strutture complementari quali solarium, terrazze panoramiche, albergo, eccetera.

Note – (1) Opportuni riferimenti su queste opere sono riportate in S. Costanzo, L’architettura moderna nel Meridione d’Italia (1930-2019), Edizione Giannini, Napoli 2019, pp. 355, 365-366, 394-395. Per un quadro complessivo degli interventi nell’area domiziana, cfr. S. Costanzo, P. Farina, Il Piano Domitio, Clean Edizioni, Napoli 2001.

(2) Per le vicende storiche-urbanistiche-monumentali del territorio di Sessa Aurunca e di altri centri limitrofi, cfr. S. Costanzo, Urbanistica in Terra di Lavoro. Dai segni del passato ai modelli insediativi del presente, Giannini Editore, Napoli 2016. Utili testimonianze sulle strutture difensive di Sessa Aurunca sono registrate in S. Costanzo, C. Costagliola, I Castelli di Terra di Lavoro, Provincia di Caserta, Gruppo Associati Pubblitaf, Napoli 2011, vol. I, pp. 116-118. Ed ancora, degli stessi autori, cfr. I Castelli di Terra di Lavoro, Provincia di Caserta, Edizione Giannini, Napoli 2013, vol. II, pp. 61-82.

(3) Su questa notevole porzione di territorio campano, riteniamo opportuno riportare un breve passo di Giuseppe Fusco, Sindaco di Sessa Aurunca nel 2001, che nel suo indirizzo di saluto raccolto nel citato  volume de “Il Piano Domitio”, così si esprimeva: “(…) Le ipotesi di recupero ambientale e riqualificazione urbanistica che gli autori propongono, sono frutto di accurate indagini e di attenti studi di tutte quelle esigenze, attualmente disattese, che hanno ostacolato il decollo in senso ambientale, economico e sociale di una zona che, da sempre, offre stimoli ambientali, archeologici e culturali riconosciuti ed apprezzati in ogni parte del mondo”.

(4) A rappresentare con efficacia i fondamenti dell’“organicismo”, oltre ai principi innovativi di Frank Lloyd Wright sulla natura olistica del costruire, sono da  considerare le teorie a carattere più sperimentale di alcuni suoi allievi. Tra questi un posto di rilievo merita Richard Neutra, architetto dotato di ampie conoscenze culturali e di indubbio talento, che ben evidenzia la necessità di mettere il progresso tecnologico al servizio delle esigenze biologiche e, nello stesso tempo, propone un nuovo rapporto con la natura.

(5) Su quest’ultimo punto (rapporto tra edificio e natura), allo scopo di approfondire aspetti significativi dell’architettura organica novecentesca, è bene rendere noto alcuni “pensieri” di Wright facilmente collegabili alla concezione del  costruire, riportati nel suo celebre “Testamento”: “(…) la figura umana come la vera base della scala umana dell’architettura … la linea orizzontale, serena e intuitiva … grazia e appropriatezza dell’architettura come arte, rispetto al Tempo, al Luogo e all’Uomo moderno … sempre, nell’architettura organica, ho adoperato la macchina ed ho sviluppato un sistema costruttivo che procedeva dall’interno verso l’esterno, accordando sempre l’edificio alla natura sia dell’uomo che della macchina” (cfr. Testamento, di F.L. Wright, Einaudi, Torino 1963).

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