Liquami di allevamenti bufalini nei Regi Lagni: sequestrate 3 aziende nel Casertano

di Redazione

Tre aziende zootecniche situate sul territorio casertano di San Tammaro sono state sequestrate, stamani, dai carabinieri della stazione forestale di Marcianise, in esecuzione di un provvedimento del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che le ha affidate provvisoriamente ad un amministratore giudiziario. Nelle aziende, dedite ad allevamento bufalino, si trovavano, rispettivamente: 438 capi bufalini riconducibili ad A.S. di Lusciano, 484 capi riconducibili ad A.D.M. di Gricignano d’Aversa, 250 capi riconducibili a C.P. di Caserta.

Le indagini, finalizzate a contrastare l’inquinamento del Canale dei Regi Lagni che si riverbera nel mare Tirreno attraverso la foce dislocata in comune di Castel Volturno, hanno permesso di individuare le tre aziende zootecniche che, in spregio alle normative ambientali, smaltivano illecitamente i reflui prodotti dai loro allevamenti direttamente sui nudi terreni e da questi, per percolazione, ruscellamento e lisciviazione, nei limitrofi canali di scolo affluenti del Canale Apramo, tributario dei Regi Lagni.

Le attività di controllo, svolte insieme al personale dell’Arpac di Caserta, hanno permesso di stabilire che la condotta tenuta dai responsabili delle tre aziende, dislocate tutte in località “Selvetelle”, in un raggio di circa 500 metri, per effetto dei reiterati e perduranti smaltimenti illeciti di liquami zootecnici e delle acque reflue di lavaggio dei macchinari, ha comportato un deterioramento significativo e misurabile della porzione estesa di suolo e delle acque del Canale Apramo, integrando in tal modo il delitto di inquinamento ambientale. Quest’ultima ipotesi delittuosa è punita severamente con la pena fino a sei anni di reclusione e con la multa fino a 100mila euro, la quale, per la prima volta in Italia, a quanto risulta dai repertori di giurisprudenza, viene contestata e riconosciuta in relazione alla illecita gestione dei reflui zootecnici che fino ad oggi erano perseguite con un’ipotesi di reato contravvenzionale molto più blanda, prevedente una pena molto più tenue. Per questa ipotesi delittuosa, inoltre, è previsto un periodo di prescrizione del procedimento penale molto più lungo.

L’inquinamento alle acque superficiali arrecato dai liquami zootecnici è determinato dal loro contenuto di azoto che si trova prevalentemente nello stato ammoniacale ed in minor misura come nitrati. Entrambe le forme azotate sono molto solubili in acqua per cui se i reflui zootecnici non vengono gestiti adeguatamente si riversano, attraverso le acque di pioggia, nelle falde freatiche e nei corpi idrici, il cui contenuto di azoto induce un effetto fertilizzante provocando una proliferazione abnorme di alghe che provoca la cosiddetta “eutrofizzazione”. Infatti, una concentrazione di alghe troppo elevata può condurre alla moria delle stesse perché, a un certo punto, la luce non riesce più a penetrare l’acqua e la fotosintesi cessa. La decomposizione delle alghe morte consuma l’ossigeno disciolto nell’acqua e, quindi, “a catena”, i pesci e gli altri organismi acquatici muoiono in massa e l’acqua diventa torbida e di colore scuro.

I titolari delle aziende zootecniche, oltre ad essere sottoposti ad indagini, in concorso tra loro, per il delitto di inquinamento ambientale, con condotta reiterata e perdurante, sono anche indagati per il reato di gestione illecita dei rifiuti speciali costituiti dai reflui zootecnici e dalle acque reflue di lavaggio dei macchinari prodotti dai rispettivi allevamenti sul nudo terreno e nei limitrofi canali in assenza delle prescritte autorizzazioni. L’amministratore giudiziario individuato e nominato dalla Procura dovrà garantire l’osservanza delle norme in tema di gestione dei liquami prodotti dai capi bufalini allevati nelle aziende, fino al corretto adempimento delle prescrizioni previste dalla legge.

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