“Emanuele e altri eroi”, la poesia di Francesco Lisbona per Emanuele Ghidini

di Gabriella Ronza

Una storia struggente di distruzione e amore, quella eterna di chi porta lo stesso sangue. E’ così che potrebbe essere descritta la vita di Gianpietro Ghidini, padre del giovane Emanuele, noto tristemente alla cronaca per una serata finita in tragedia.

Nella notte del 24 novembre del 2013, a soli 16 anni, Emanuele si toglie la vita gettandosi nel fiume Chiese in seguito all’assunzione di Lsd. Da allora i suoi genitori non si danno pace e il dolore disumano di chi non riesce a credere di essere sopravvissuto al proprio figlio viene incanalato nell’idea di un progetto, un’associazione dedicata al giovane e che ha come logo il disegno stilizzato di un pesciolino rosso.

Ema PesciolinoRosso è una fondazione che, come si legge nella presentazione sulla pagina di Facebook, ha lo scopo di supportare i giovani “nella forma di divulgazione e sostegno di attività di sviluppo e crescita”. “In questi anni – si legge ancora – il PesciolinoRosso è diventata una community di migliaia di persone, in crescita costante, dove genitori e giovani si scambiano idee, pensieri e condividono riflessioni su temi come l’adolescenza, il futuro, la scuola e ovviamente il rapporto tra genitori e figli”.

Papà Gianpietro e la sua associazione girano l’Italia, entrano nelle scuole, negli oratori e nei teatri, scrivono e pubblicano libri (l’ultimo dei quali: “Era tutto perfetto”, edito da Mondadori) parlano ai giovani, li confortano e cercano di comprenderne i problemi per trovare insieme una soluzione. L’eredità di Emanuele lasciata ai suoi familiari e amici è quella di una energia che li motiva a portare avanti un messaggio di aiuto, dialogo e speranza.

Perché, nonostante tutto, papà Gianpietro crede ancora nella vita e nella forza delle parole. Lo si evince anche dalla sua ultima iniziativa, quella della condivisione di una poesia di conforto (in basso il testo, ndr.) scritta dal giovane poeta campano Francesco Lisbona, che a breve esordirà a New York sulla celebre e raffinita rivista internazionale “Gradiva”. Per una serie di fortunate coincidenze, la forza di Gianpietro incontra l’estro poetico di Francesco. Il destino vuole che il giovane, in passato, avesse scritto una poesia proprio su Emanuele. Ghidini la legge e ne è così colpito che decide di diffonderla il più possibile.

“Emanuele e altri eroi” è una poesia che arriva al cuore di tutti con la forza di uno schiaffo che sa di carezza e che come tutte le grandi poesie parte dal dato individuale e “locale” per fare emergere un dolore universale. “Personalmente faccio fatica a condividere i miei scritti con gli altri, ma in questo caso mi è parso d’obbligo farlo. – ci rivela il giovanissimo poeta –. Scrivo soprattutto della sofferenza. Non so trattare l’amore e non riesco a fare poetica nel modo più tradizionale possibile, come ad esempio ci insegna Catullo. Scrissi di Emanuele, dopo aver visto un intervento del dottor Ghidini in tv, perché la sua storia mi colpì molto. Soprattutto per il coraggio di un padre nell’affrontare con tenacia il dolore della perdita e renderlo una forza. Si tratta di una storia di un ricordo che diventa prima accettazione e poi rivalsa”. “Indago lo stesso male di vivere di Montale nei miei scritti, – continua – mi soffermo sull’essenza primaria dell’uomo, che per me non risiede nella ricerca della felicità, ma di qualcosa che permetta piuttosto di fuggire l’infelicità”.

Lisbona, comunque, non è nuovo nel campo dell’impegno sociale attraverso la potenza della scrittura. Per il concorso indetto dal noto sito “Dantebus” ha, infatti, proposto una poesia che tratta il tema della violenza fra i giovani ed è ispirata alla morte di Emanuele Morganti, ucciso a sprangate da almeno quindici persone fuori dal Mirò, un circolo privato di Alatri, senza un reale motivo quasi due anni fa.

Testi che parlano della sofferenza, ma anche che “non abbassano la testa”, di conforto, di lotta e di speranza. Testi che, riprendendo gli ultimi versi di “Emanuele e altri eroi”, ci aiutano a combattere forte una guerra (forse) non nostra, ma per tutti coloro che ne hanno paura. Perché la poesia, probabilmente, come qualche disilluso giustamente ci ricorda, non può cambiare l’intera umanità, ma può cambiare te. E credi davvero sia poco? 

 

Emanuele e altri eroi

 

Occhi spenti nel letto di quel fiume,

incompresi da chi ti ebbe a pochi passi.

Giovane come lo si è una volta sola,

incosciente in quellʼattimo che fu fatale.

 

Ai ragazzi morti per errore,

alla scelta di chi si arrende alla fragilità,

al coraggio di chi molla ma poi ce la fa,

a quelli ultimi che non saranno mai primi.

 

Mite lo sguardo di chi, adulto, ti vede,

non ti vuole passante, ma vita che resta,

eppure nellʼindomita corsa calca la fretta

e tu non capisci e abbassi la testa.

 

Ragazzo, dallʼanima buona,

anche se buona per gli altri non è,

anche se chi dovrebbe capire

poi si limita soltanto a guardare.

 

Ascolta le parole che si perdono lente

nella litania di un freddo torrente,

cʼè speranza per te, uomo bambino,

basta che della parola tu faccia potere.

 

Ti aspetterò in ogni angolo del mondo,

sul gradino di scuola o nel vicolo buio,

nel fondo del vuoto e nellʼattimo eterno,

che lega il tuo cuore ad un filo di ferro.

 

Allontana lʼidea di chi sa più di te,

di chi ti condanna o ama per sè,

cercati dentro, lontano da tutto,

e vedrai una forza che non riconosci.

 

È il tempo, la vita, stanca ma viva,

è la strada in salita, lʼalternativa.

Seguila, seguimi, resisti e vedrai

che tutto il dolore sarà il coro del niente.

 

A Emanuele, morto per poco,

vivo nel cuore di chi non ebbe timore

di combattere forte una guerra non sua,

ma per tutti coloro che ne hanno paura.

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