Gricignano, pistola e documenti contraffatti in casa: Cassazione condanna due coniugi

di Redazione

Dovranno scontare, rispettivamente, sei anni e tre anni e quattro mesi di due coniugi di Gricignano, trovati in possesso di una pistola e di circa 50 cartucce, oltre che di documenti falsi. La Cassazione, infatti, ha respinto il ricorso presentato dai loro avvocati contro la sentenza del giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, emessa il 24 ottobre 2014, che aveva emesso le suddette condanne.

Marito e moglie furono arrestati nel 2011 dopo un blitz della polizia: durante una perquisizione in casa fu ritrovata una pistola calibro 9×21, marca Glock, con matricola abrasa, 50 cartucce dello stesso calibro, 3 cartucce da guerra di diverso tipo, una carta d’identità contraffatta del Comune di Gricignano. La difesa, in particolare, ha provato a sostenere che il marito detenesse l’arma in casa all’insaputa della moglie; arma che il marito aveva riferito di aver acquistato per difesa personale dopo un sequestro subìto nella sua abitazione da parte di alcuni extracomunitari. Ma la Suprema Corte ha rigettato la tesi.

“La donna – si legge nelle motivazioni della sentenza – si portava al piano superiore dell’abitazione con il deliberato scopo di disfarsi della pistola. Era, pertanto, al corrente del luogo di custodia, nascosta nell’armadio della camera da letto, da cui prelevò l’arma prima di lanciarla dalla finestra. Da ciò si è, pertanto, inferita la partecipazione punibile. Ritenere che nella specie sia legittimo scindere la consapevolezza della detenzione e del luogo di custodia dalla condotta successiva di liberarsi della pistola stessa, per concludere che essa condotta rilevi ai soli fini di un possibile favoreggiamento non punibile, in ragione del rapporto di coniugio, a parte i profili di stretto merito che la tesi sottoporrebbe alla valutazione di questa Corte, in diritto, finisce per eludere il concetto di unitarietà d’azione segnato da contestualità e finalismo obiettivo degli atti”.

“Questo aspetto essenziale, unito alla struttura e al contenuto del dolo, – continuano i giudici di Cassazione – ha indotto il giudice territoriale a ritenere che la condotta si dovesse recuperare alla fattispecie concorsuale della detenzione illegale inferendosi dal gesto stesso particolari che orientavano per l’anzidetta e ritenuta figura del concorso. Non condivisibili risultano, poi, i rilievi sviluppati in funzione di recuperare la condotta al concetto di ‘connivenza non punibile’. La qualificazione della condotta, invero, a parte lo scrutinio in fatto che determinerebbe, è possibile come atteggiamento puramente connivente allorquando non si traduca in un fatto o in un’azione di valenza attiva. Nella specie, dunque, la Corte territoriale ha ritenuto che si versasse al cospetto di una condizione di disponibilità del bene detenuto anche in capo alla Griffo, pienamente a conoscenza del luogo di custodia della pistola e spinta a liberarsene al momento dell’intervento della polizia giudiziaria. Non si sarebbe, pertanto, potuto ipotizzare un mero atteggiamento di tolleranza di un’altrui condotta, finalizzata a configurare una detenzione esclusiva”.

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