Mafia, 18 arresti contro clan Santapaola: c’è anche ex deputato

di Redazione

Su delega della Direzione distrettuale antimafia, i carabinieri del comando provinciale di Catania la notte scorsa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 18 persone (di cui 15 presunti appartenenti alla “Famiglia” Santapaola-Ercolano e, in particolare, alle frange operanti in Acireale e Aci Catena), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni con l’aggravante del “metodo mafioso”, scambio elettorale politico mafioso, tentato omicidio, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi.

Il provvedimento trae origine da un’indagine, denominata “Aquilia”, condotta dal Nucleo investigativo dell’Arma di Catania e diretta dalla Dda, dall’ottobre del 2015 al gennaio del 2018, attraverso attività tecniche e dinamiche, riscontrate dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, che ha consentito di accertare la responsabilità degli indagati in ordine alla loro appartenenza a due “gruppi” per così dire “storici” della “Famiglia” di Catania, quelli, appunto, operanti in Acireale e Aci Catena  già riconducibili al noto Sebastiano Sciuto, detto “Nuccio Coscia”, recentemente scomparso per cause naturali, e di definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli dei singoli affiliati nell’ambito del sodalizio mafioso in questione.

In particolare, le indagini dei carabinieri si sono sviluppate a seguito della decisione di collaborare con la giustizia intrapresa, nel luglio del 2015, da Gaetano Mario Vinciguerra, già reggente “pro tempore” del “Gruppo di Aci Catena”, il quale non solo forniva un quadro aggiornato degli organigrammi dei citati “gruppi”, indicando “capi” e “soldati”, ma consegnava anche un elenco dettagliato delle imprese commerciali costrette, da anni, all’imposizione del “pizzo”. Nel corso delle indagini venivano inoltre acquisiti elementi di reità in ordine ad attività estorsive consumate e tentate in pregiudizio di 8 imprenditori locali, alcune delle quali dipanatesi nell’arco di svariati anni, al fine di agevolare l’organizzazione mafiosa d’appartenenza.

Tra gli arrestati figura anche l’ex deputato regionale Raffaele “Pippo” Nicotra, a cui vengono contestati i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata e scambio elettorale politico mafioso, ossia per avere, attraverso la corresponsione di somme di denaro per le elezioni del 2012, determinato esponenti del “Gruppo di Aci Catena” a promettere di procurare voti in occasione delle elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana tenutesi in quegli anni, attraverso la forza di intimidazione e la conseguente condizione di assoggettamento ed omertà derivanti dall’appartenenza al gruppo mafioso.

L’indagine ha inoltre consentito di fare luce sul tentato omicidio di Mario Giuseppe Tornabene, avvenuto, a Fiumefreddo di Sicilia il 28 agosto 2007. Secondo il racconto di due collaboratori di giustizia, Tornabene, già responsabile del “Gruppo di Giarre” per conto della frangia acese riconducibile al citato Sebastiano Sciuto, e curatore degli “interessi” di quest’ultimo, attraverso la costituzione di società in diverse attività commerciali, disattendeva gli accordi economici intrapresi con lo stesso Sciuto tant’è che il figlio di questi, Stefano, unitamente ad altri soggetti rimasti allo stato senza volto, la sera del 28 agosto 2007, lungo la Via Marina di Fiumefreddo di Sicilia, attentava alla sua vita, esplodendogli contro tre colpi di pistola all’addome, che, fortunatamente, non avevano seguito, a causa della pronta reazione della vittima, fuggita da un’uscita secondaria della propria struttura ricettiva, in cui si trovava al momento dei fatti, scampando miracolosamente all’agguato.

All’attività investigativa si affianca, poi, un’indagine parallela, svolta dai carabinieri della compagnia di Acireale e confluita nel provvedimento cautelare eseguito quest’oggi, sul conto di soggetti orbitanti in seno alle medesime frange mafiose, chiamati a rispondere di furto, estorsione aggravata (nel settore delle auto rubate, attraverso il cosiddetto “cavallo di ritorno”) e di reati concernenti gli stupefacenti e le armi. Dei diciotto provvedimenti emessi, infatti, tre sono riferibili all’attività investigativa anzidetta. In definitiva, quindici provvedimenti cautelari sono stati notificati ad altrettante persone in libertà, mentre tre sono stati notificati in carcere ad altrettanti indagati, ristretti per altra causa.

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