Mafia, sequestrati beni per 60 milioni al “tesoriere” di Messina Denaro

di Redazione

Il Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo ed il Ros dei Carabinieri hanno dato esecuzione, in un’operazione congiunta coordinata dalla Procura di Palermo, ad un provvedimento di sequestro, emesso dal Tribunale di Trapani, nei confronti di Giovanni Savalle, esperto fiscale-tributario ed imprenditore operante nel settore alberghiero ed immobiliare. L’imprenditore, al quale sono stati sequestrati una pluralità di beni (quote o intero capitale sociale delle società, complesso dei beni aziendali, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari e finanziari anche esteri) nella disponibilità anche dei suoi più stretti familiari, per un valore complessivo superiore ai 60 milioni di euro, alla luce delle indagini svolte è risultato essere contiguo ad esponenti del mandamento mafioso di Castelvetrano (Trapani) inseriti nel circuito di favoreggiamento del latitante Matteo Messina Denaro.

Tali rapporti hanno consentito, nel tempo, alle imprese di Savalle di assumere rilevanti dimensioni nel tessuto economico della provincia di Trapani. E’ evidente, infatti, secondo gli investigatori, che lo stesso, nell’ambito della sua crescita imprenditoriale, ha goduto dell’appoggio e della “vicinanza” di influenti membri dell’associazione mafiosa, quali Filippo Guttadauro (cognato di Matteo Messina Denaro) e Rosario Cascio, rispettivamente già reggenti del mandamento di Castelvetrano il primo e della storica famiglia di Partanna il secondo, nonché di personaggi quali Giovanni Franco Becchina, Girolamo Bellomo, Giovanni Risalvato e Giuseppe Grigoli, accumulando così un enorme patrimonio personale solo formalmente lecito.

La pericolosità sociale di Savalle è riscontrabile, sottolineano gli inquirenti, sia in numerosi procedimenti penali nel settore tributario (relativi a dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, mancato pagamento di imposte etc.) e nel settore fallimentare (bancarotta fraudolenta), sia in alcuni filoni di indagini condotte dal Ros nell’ambito della ricerca del noto latitante castelvetranese. Ulteriormente emergono significativi elementi dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia nonché dall’esito di una indagine della Procura di Torre Annunziata del 2014, avente ad oggetto l’esame dei numerosi appalti affidati per il recupero ed il restauro dell’area archeologica di Pompei, “pilotati” in direzione sempre delle stesse imprese, tra le quali la “Società Mediterranea Spa” aggiudicataria dei servizi di ristorazione, riconducibile a Savalle.

Nel corso delle indagini svolte dai finanzieri del Gico di Palermo e dai carabinieri del Ros, sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano, è emerso, inoltre, come Savalle abbia ricevuto un finanziamento da Banca Etruria grazie ai rapporti privilegiati avuti con un membro del consiglio di amministrazione, in un periodo in cui le aziende del “Gruppo Savalle” erano in stato di decozione e, pertanto, prive di alcun merito creditizio.

Tra i numerosi beni sottoposti a sequestro spiccano il fabbricato adibito ad albergo di lusso sito a Mazara del Vallo (Trapani), attualmente gestito da una società totalmente estranea al provvedimento ablativo, la quale quindi prosegue regolarmente la propria attività di impresa, nonché alcuni conti correnti bancari attestati in Svizzera. Il provvedimento ha quindi interessato, nel dettaglio, 22 complessi aziendali, 12 pacchetti di partecipazione al capitale di altrettante società, 28 rapporti bancari (sia in Italia che all’estero), 47 fabbricati e 8 autoveicoli, per un valore complessivo stimato in 62 milioni e 922.867 euro. Le società sottoposte a sequestro sono state già affidate ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Trapani, il quale già da oggi gestisce le aziende nell’interesse della collettività, dei clienti, dei fornitori e dei dipendenti.

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