Tarquinia, operai schiavizzati in azienda metalmeccanica, 4 arresti

di Redazione

Oltre 40 finanzieri del comando provinciale di Viterbo hanno eseguito, a Tarquinia, 4 arresti, sequestri preventivi per equivalente e 15 perquisizioni presso i domicili degli indagati e delle aziende ad essi riconducibili. I fatti si caratterizzano per l’assoluto disprezzo della dignità dei lavoratori, costretti a tollerare un regime di vita insostenibile per garantire la propria sopravvivenza.

Le indagini, dirette dal procuratore di Civitavecchia Andrea Vardaro e dal sostituto Alessandra D’Amore, sono state eseguite dai finanzieri della compagnia di Tarquinia, agli ordini del capitano Antonio Petti, ed hanno portato alla luce un sistema perverso e spregiudicato di sfruttamento di operai impiegati in una nota azienda tarquiniese, operante nel settore metalmeccanico.

Attraverso l’esecuzione di servizi di osservazione ed audizione di numerosi operai, l’esame di numerosissimi documenti contabili ed extracontabili, è stato accertato che oltre una settantina di lavoratori sono stati costretti a svolgere attività lavorativa non prevista dal contratto di lavoro sottoscritto, percependo una misera retribuzione e subendo la lesione di diritti primari, quali il diritto alle ferie e alla malattia retribuita, al trattamento di fine rapporto ed alla tredicesima, il tutto sotto la costante minaccia, sovente esplicita e violenta, di ripercussioni o di licenziamento.

In particolare dall’attività investigativa è emerso che gli operai sono stati costretti ad accettare, visto il proprio stato di bisogno e l’assoluta precarietà della propria situazione economica, una retribuzione oraria di molto inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro per i metalmeccanici (circa 3,90 euro a fronte di un importo previsto non inferiore agli 8,28 euro), nonché ad effettuare ore di straordinario pagate in modo irrisorio (circa 2 euro a fronte delle previste 12,42 euro) o addirittura, in alcuni casi, senza retribuzione. A volte, infatti, i lavoratori erano obbligati ad effettuare orario suppletivo a gratis per riparare cattivi assemblaggi o per il mancato raggiungimento del numero minimo giornaliero dei pezzi previsti.

Inoltre, fin dalla stipula del contratto di assunzione “part time”, gli arrestati richiedevano ai dipendenti di sottoscrivere contratti che prevedevano attività lavorativa per sole quattro ore al giorno, a fronte delle effettive otto/dieci ore giornaliere pretese e li obbligavano a sottoscrivere, per avere maggior potere ricattatorio, lettere di licenziamento in bianco, rinvenute dai Finanzieri presso lo studio del consulente del lavoro a seguito di perquisizione.

I lavoratori così erano continuamente minacciati di licenziamento, soprattutto quando si lamentavano dello sfruttamento di cui erano vittime e reclamavano il rispetto dei propri diritti. La condotta criminosa, perpetrata durante un lunghissimo arco temporale (circa 9 anni), non è cessata neanche dopo l’avvio, nel mese di agosto 2016, dei controlli della Guardia di Finanza di Tarquinia. Anzi, durante le investigazioni diversi sono stati i tentativi di ostacolare le indagini e di influenzare i testimoni. Tra questi la gravissima condotta del sequestro di persona, posto in essere da alcuni arrestati che non hanno esitato a prelevare con l’inganno un’operaia ed a condurla presso una casa isolata nelle campagne tarquiniesi, privandola per un significativo arco temporale della libertà personale. Qui veniva pesantemente minacciata ed intimidita per farla desistere dal presentarsi dinanzi ai Finanzieri della Compagnia di Tarquinia, e fornire ulteriori informazioni utili alle indagini. Nella stessa occasione alla vittima veniva sottratto materiale probatorio di rilevante interesse investigativo che poi veniva rinvenuto e sequestrato nel corso delle perquisizioni disposte dai magistrati.

Le indagini hanno consentito, inoltre, di accertare anche un’ingente truffa ai danni dell’Inps. Infatti ogni due/tre anni i lavoratori venivano licenziati da un soggetto economico e contestualmente assunti da un altro soggetto economico, comunque riconducibile e gestito dagli stessi arrestati, ciò al duplice fine di:  privare i dipendenti del trattamento fine rapporto, visto che, sotto la minaccia della mancata riassunzione in capo alla nuova società, erano costretti a firmare liberatorie attestanti di aver ricevuto tutto quanto di loro spettanza e di non aver null’altro a pretendere; beneficiare illegalmente delle agevolazioni contributive previste per le nuove assunzioni e per la trasformazione dei contratti di lavoro previste dalle leggi di stabilità 2014 e 2015.

Le condotte delittuose emerse nel corso delle indagini sono risultate integrare anche la violazione del nuovo reato di caporalato e sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603 bis del codice penale, così come riformulato dalla legge 199/2016, che prevede la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Con tale provvedimento, il Legislatore ha intenso contrastare ogni forma di sfruttamento del lavoro e dei lavoratori ampliando il novero dei soggetti attivi del reato non solo a chi svolga l’attività di illecita intermediazione (il caporale), ma anche a chi, in particolare, il datore di lavoro, si avvalga di manodopera sottoponendola a condizioni di sfruttamento ed approfittando del suo stato di bisogno.

La complessiva attività investigativa svolta ha consentito di quantificare il profitto dei reati perpetrati in 1.227.252 euro, di cui circa 140.000 euro, corrispondente ai mancati versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali nonché ai fittizi licenziamenti/assunzioni, sono stati sottoposti a sequestro preventivo in virtù della nuova normativa in vigore. Infine l’intero complesso aziendale è stato affidato alla gestione di un amministratore giudiziario, nominato dal Tribunale di Civitavecchia, a tutela delle posizioni lavorative.

Su disposizione del gip di Civitavecchia, Giusi Bartolozzi, gli arrestati, C.A., 63 anni, di origini siciliane; C.P.E. tarquiniese di 32, sono stati associati al carcere di Civitavecchia, mentre P.P., tarquiniese di 54 anni; e V.T. tarquiniese di 34, sono stati ristretti ai domiciliari. Il consulente del lavoro suggeritore delle manovre fraudolente, M.A., tarquiniese di 39 anni, dopo essere stato interdetto dall’esercizio dell’attività professionale, ha ricevuto la notifica del provvedimento cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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