Eutanasia, ermafroditismo e robotica: Carlo Foppa racconta i dietro le quinte della bioetica

di Gabriella Ronza

Si parla poco di bioetica quando non c’è un caso all’ordine del giorno che fa scalpore, quando, insomma, non c’è qualcuno a cui stanno per staccare la spina o che stanno per far nascere in circostanze diverse da quelle a cui, culturalmente, si è abituati.

È per questo che abbiamo deciso di incontrare un esperto di bioetica in un momento in cui gli animi sono freddi, dunque più pronti alla riflessione (si sa che la saggezza è razionale e mai impulsiva) e non c’è nessuna notizia di cronaca saliente a tal riguardo.

L’esperto è nientepopodimeno che il professore Carlo Foppa, segretario generale della Società Svizzera di Etica Biomedica (SSEB) dal 1996 a 1999 e membro della Commissione Nazionale di etica per la medicina umana dal 2001 al 2013. Oggi è professore dell’Università di Ginevra, facoltà di medicina, e si occupa della formazione dei futuri professionisti, offrendo loro esperienza sul campo e spunti di riflessione.

“Il cantone in cui mi trovo (Losanna) è molto erudito a tal riguardo, – ci dice – non è lo stesso per tutti gli altri cantoni. Ad ogni modo, è necessario che i medici di domani conoscano bene la bioetica, il mondo sta cambiando, ci sono molti problemi inerenti ad essa oggigiorno”.

Partiamo, quindi, subito nel vivo della conversazione e gli chiediamo perché ha lasciato la Commissione. “Semplicemente, perché il regolamento prevede un mandato di quattro anni circa, mi hanno anche chiesto i tempi supplementari. Io sono rimasto lì comunque a lungo. È stata un’esperienza proficua, ma spesso faticosa. In Svizzera abbiamo il problema del multilinguismo, accordare quattro culture diverse non è sempre semplice, soprattutto per quanto riguarda questioni delicate come l’assistenza al suicidio”, dichiara.

Di qui, si dilunga sull’importanza della filosofia e, in generale, delle materie umanistiche. “Il problema delle università, credo anche in Italia, è che mancano i soldi e gli investimenti. Allora, le strutture si rivolgono ai privati, i quali tendono a puntare, per lo più, sulle tecnologie, sul business e sul marketing. Non credo che le discipline umanistiche siano destinate al tramonto, pensi che il nostro istituto ha come titolo Etica, scienza e umanità, ma credo sia necessario renderle pratiche. Negli anni ’70, negli Usa, ad esempio, con le nuove scoperte sulla genetica e le manipolazioni assidue di essa, è stato necessario rivolgersi ai filosofi o ai teologi”.

A questo punto, gli chiediamo se sarebbe utile inserire un consulente bioetico stabile in ambiente sanitario. “Utile? Credo che sia indispensabile. Io sono stato tra i primi consulenti etici in un ospedale (Centro Ospedaliero Universitario Losanna, ndr.) nel 1996. Ho notato, tuttavia, una resistenza da parte del corpo medico: per un’équipe di dottori chiedere un parere a qualcuno che non sia medico è percepito come un fallimento”.

Poi, continua: “Ho lavorato lì 12 anni, ho toccato con mano ogni tipo di caso che riguardasse il rapporto tra essere umano, vita e sanità, in seguito ho cambiato e sono andato ad occuparmi di case per gli anziani e cure domiciliari. Mi sono reso conto che anche lì vi erano grossi problemi etici. Ad esempio, trattare con persone vittime di demenza che possono combinare pasticci, ti pone in una situazione scomoda. Che fare? Le rinchiudi in una stanza? Dai loro medicinali? Inoltre, è bene notare che una situazione difficile è vissuta anche dagli assistenti sociali che spesso si trovano divisi tra fiducia che il paziente ripone in loro e leggi economiche”.

Qualche punto più caldo, però, vogliamo trattarlo e dirigiamo il discorso verso l’eutanasia che il caso di Charlie ha portato alla ribalta a livello mondiale.

“C’è un’associazione, si chiama Exit, assolutamente legale che fa assistenza al suicidio, la persona prende contatto e fa la domanda, l’associazione si occupa di tutti gli esami e cerca di capire se il paziente è capace di intendere e volere, ci sono colloqui e visione della cartella medica. È una morte dolce attraverso massicce dosi di Pentobarbital, un anestetico. Fino all’ultimo momento, i dottori chiedono se il paziente/cliente vuole davvero mettere fine alla propria vita”.

Sorge spontanea la domanda: si tratta solo di pazienti allo stadio terminale? “No, – si affretta a rispondere – dal 2017 circa Exit ha aggiunto un criterio complementare sulle polipatologie invalidanti. Ad esempio, se una persona ha 80 anni, non è in fin di vita, ma ha delle malattie che possono rendergli difficili la quotidianità può chiedere, liberamente, il suicidio assistito. Pensi che, tempo fa, c’è stato il caso di un anziano il quale chiedeva l’eutanasia pur non essendo un malato terminale, la famiglia a livello giuridico si oppose e lui preferì suicidarsi da solo con mezzi propri, molto più dolorosi”.

Sul caso Charlie, Foppa non si espone molto: “Sono ambivalente. Certo, è bene che il pubblico conosca i problemi della bioetica, ma sono fatti così terribili questi, dal punto di vista umano, che forse anche la tutela della privacy sarebbe opportuna”.

E dal punto di vista legislativo? Gli chiediamo cosa succede in Svizzera. Lui aggrotta le sopracciglia: “La confederazione non regola l’assistenza al suicidio e rinvia la cosa ai cantoni. Ginevra e Losanna, ad esempio, pur essendo vicine hanno due regimi diversi”.

Foppa è sicuro che non dovrebbe esserci un’ingerenza religiosa riguardo a questi argomenti. “Dovrebbero essere sempre analizzati laicamente. Da noi, fortunatamente, succede così. Infatti, siamo molto nordici e vicini ai Paesi Bassi. In Francia e in Italia, invece, noto ancora conservatorismo o, come dico io, una resistenza di spirito monolitico”.

Detto questo, fa una breve digressione: “Negli ultimi anni, ci siamo occupati, ad esempio, della questione degli ermafroditi, davvero poco conosciuta. Si tratta di pazienti con organi genitali ambigui. Per tanti anni è stato il chirurgo a decidere il sesso del bimbo, oggi no, oggi si possono anche lasciare le cose come stanno. In Australia, come in tanti altri paesi, questi soggetti hanno trovato il loro posto nello statuto civile: è nato un terzo sesso. Un bellissimo modello di civiltà e dignità”.

Come ultimo punto della nostra fruttuosa chiacchierata, ci occupiamo dei nuovi traguardi o ostacoli, a dir si voglia, della riflessione bioetica. Il professore Foppa sorride: “Il futuro è la robotica. Con l’invecchiamento della popolazione, i robot saranno usati sempre di più sia per la questione dell’assistenza che per quella della sicurezza. Ci saranno nuovi quesiti e, speriamo, anche risposte pronte. Ricordiamo che la tecnologia avanza più in fetta della riflessione etica che presiede alle leggi”.

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