Crimea occupata dalla Russia, l’ambasciatore Perelygin: “Un giorno tornerà all’Ucraina”

di Redazione

All’inizio degli anni ’90 la Russia – la quale ha sempre preteso di essere un Paese legato all’Ucraina da rapporti di fratellanza e amicizia – chiese di stabilire una propria base militare sul territorio ucraino. Avendo approvato un’apposita legge per regolare la presenza militare russa in Crimea, l’Ucraina non avrebbe potuto immaginare che nel 2014 quella stessa base militare sarebbe stata utilizzata come cavallo di Troia per l’annessione di un pezzo del suo territorio.

Purtroppo, occorre riconoscere il fatto che l’Ucraina, giovane Stato indipendente, non ha preso adeguatamente in considerazione le lezioni della storia che testimoniano il carattere estremo e aggressivo della politica estera della Russia e del totalitarismo imperialistico dell’Unione Sovietica che l’ha preceduta.

Sono passati già tre anni da febbraio 2014, tre anni di invasione e guerra in Crimea. Tre anni di sofferenze e privazioni per gli ucraini. Così la memoria corre alla notte del 21 agosto del 1968, quando un aereo sovietico chiese di compiere un atterraggio d’emergenza all’aeroporto di Praga, nell’allora Repubblica Socialista Cecoslovacca.

Appena l’aereo si arrestò sulla pista, sbarcarono militari (quelli che la Russia oggi chiama “uomini verdi”), i quali conquistarono l’aeroporto e aprirono la strada all’esercito sovietico: un contingente di circa 500mila soldati e 6mila veicoli corazzati invase l’intero paese. Purtroppo, questo caso non è stato né il primo né l’ultimo esempio della politica aggressiva e brutale del Cremlino.

Alla memoria sovvengono anche i fatti occorsi in Ungheria nel 1956, quando l’Armata Rossa arrivò alle porte di Budapest con circa 200mila uomini e 4mila carri armati, più di quanti Hitler ne avesse scagliati nel giugno del 1941 contro la stessa Unione Sovietica. Si ricordano anche l’invasione sovietica dell’Afghanistan tra il 1979 e il 1989 e l’invasione russa della Georgia nel 2008. Nel 2014 è stata poi la volta dell’Ucraina e – da ultimo − nel 2016 è toccato alla Siria sperimentare la violenza del potere di Mosca.

La Russia ha fatto sempre ricorso al medesimo schema: ‘l’aiuto militare fraterno’ da parte dei cosiddetti ‘uomini verdi’ e dell’esercito regolare. Ovunque il risultato è stato il medesimo: migliaia di vittime (prevalentemente civili) dopo l’invasione e l’occupazione, milioni di sfollati, l’umiliazione e l’oppressione dei popoli autoctoni di tutti questi Paesi.

Sempre più spesso interrogo me stesso e i colleghi diplomatici, politici ed amici italiani ed europei su come sia potuto accadere che una parte del territorio dell’Ucraina, la Crimea, nota per le sue attrazioni turistiche e la sua vocazione storica multiculturale, nonché per gli antichi legami con la Repubblica di Genova, sia stata trasformata in soli tre anni in una penisola di paura interamente militarizzata. Una regione in cui oggi si uccide o si mette in prigione solamente sulla base dell’appartenenza etnica o di opinioni politiche difformi da quelle del Cremlino.

Certamente, esistono diverse spiegazioni possibili per quanto è avvenuto in Crimea. Come e perché è successo, quale sarà il destino di questa regione? La mia convinzione personale più profonda è che un giorno la Crimea tornerà ad essere integralmente parte dell’Ucraina. Ciò sarà reso possibile dallo sviluppo democratico d’impronta europea che l’Ucraina sta attraversando, nonché dal sostegno incessante della comunità internazionale.

E proprio nei nostri giorni, quando osservando la crescita di alcuni movimenti autonomisti e populisti che promuovono le idee di cambiare la mappa d’Europa rifacendo le frontiere, sento il dovere di ricordare le lezioni che si possono trarre dalla storia europea.

Yevhen Perelygin – Ambasciatore d’Ucraina in Italia

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