Napoli, giornata di sensibilizzazione sul linfedema: donne più a rischio

di Redazione

“Ogni anno, in Italia, secondo dati Oms, si registrano 40mila nuovi casi di pazienti affetti da linfedema. Un monitoraggio preciso, però, non c’è anche a causa della mancanza di un registro ad hoc. Si stima siano circa 200mila quelli colpiti da linfedema primario (ereditario, localizzato agli arti inferiori), 150mila da linfedema secondario (arti superiori), i cui casi sono legati molto spesso a trattamento chirurgico o radioterapico per patologia oncologica. Non di rado, la linfopatia si associa all’insufficienza venosa, alla patologia cardiovascolare più frequente nell’età geriatrica, al lipedema e sovrappeso ponderale. Il sesso più interessato è quello femminile e l’età più colpita va dai 20 ai 30 anni”.

Ad affermarlo, in una nota, e’ la dott.ssa Angela Piantadosi, componente comitato scientifico Sos Linfedema Onlus, associazione nazionale per i pazienti di linfedema e patologie correlate, nell’annunciare la 1° Giornata Regionale di sensibilizzazione sul linfedema che si svolgerà a Napolisabato 21 gennaio (ore 8.30) al Policlinico dell’Università Federico II (aula “Giuseppe Negro” Edifico 6 – Isola 9, via Pansini, 5), organizzata da Sos Linfedema Onlus e Italf, articolazione italiana di International Lymphoedema Framework, la più importante associazione di linfologia, composta da associazioni di pazienti, medici linfologi, fisioterapisti e aziende del settore. L’iniziativa, che sarà trasmessa in diretta su Facebook, è patrocinata, tra gli altri, dall’Omceo di Napoli, dal Consiglio regionale della Campania, da Cittadinanza Attiva, Associazione Donne Medico e Simfer.

In programma interventi e una tavola rotonda che affronterà le problematiche assistenziali dei pazienti con la presenza, tra gli altri, di Silvestro Scotti, presidente Omceo di Napoli; Generoso Andria, responsabile del Centro di Coordinamento delle Malattie Rare della Campania; Angela Piantadosi, Sandro Michelini, presidente nazionale Italf e Società italiana di flebologia; Jean Paul Belgrado, professore associato e ricercatore in kinesiterapia e riabilitazione dell’Università Libera di Bruxelles); Marco De Fazio, direttore Uoc chirurgia generale dell’ospedale Incurabili di Napoli; Valeria Di Martino, direttore servizio professioni della riabilitazione ospedale Monaldi di Napoli; Lanfranco Scaramuzzino, primario di chirurgia vascolare dell’ospedale Internazionale Napoli; Bruno Amato, professore associato di chirurgia vascolare dell’Università Federico II di Napoli; Chiara Del Gaudio, giornalista Rai1 – Unomattina; Annamaria Cangiano, referente campano Sos Linfedema Onlus. Katia Boemia, linfoterapeuta; Adriana Carotenuto, nutrizionista.

“Il linfedema – spiega la dott.ssa Piantadosi – è una patologia cronica, progressiva e altamente invalidante, suddivisa in 4 stadi, la cui principale caratteristica è il rallentamento della circolazione linfatica, con accumulo di linfa e aumento del volume e del peso dell’arto o del segmento corporeo colpito, che comporta anche molti problemi psicologici e compromette notevolmente la qualità di vita del paziente. Dalla mancanza di un’assistenza omogenea ed adeguata sul territorio nazionale deriva la presa in carico degli ammalati, che comunque cercano una risposta ai loro problemi, da parte di personale, anche non sanitario, scarsamente formato”.

“La valutazione della disabilità viene ben identificata dall’International Classification of Functioning. In tutti i casi, comunque, è indispensabile esaminare le condizioni del paziente che, dal punto di vista terapeutico, necessita di una presa in carico completa, secondo la visione bio-psico-sociale, con metodo riabilitativo, da parte di un team composto da fisiatra, fisioterapista, infermiere, psicologo, chirurgo vascolare e assistente sociale che elabora un progetto che giunge, attraverso vari obiettivi, all’outcome finale, sanitario e sociale”, aggiunge la dottssa Piantadosi che rileva “la necessità di una corretta gestione assistenziale del malato ai diversi livelli della rete tra ospedale e territorio, attualmente frammentaria, insufficiente e disergonomica nonché dispendiosa”.

“A una terapia decongestiva complessa e combinata per l’edema si devono associare programmi di riabilitazione motoria e propriocettiva, programmi di terapia fisica, prescrizione di ortesi elastiche, addestramento al self-care. Il tutto deve avvenire nel più breve tempo possibile per limitare l’evoluzione fibrotica dell’edema prevenendo complicanze e migliorando la qualità di vita dei pazienti”, conclude la dottoressa Piantadosi.

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