Scomparsa Guerrina, padre Graziano condannato a 27 anni in Corte d’Assise

di Redazione

E’ stato condannato a 27 anni in Corte d’Assise di Arezzo padre Graziano Alabi, il frate congolese accusato dell’omicidio volontario e della soppressione del cadavere di Guerrina Piscaglia. La donna scomparve il primo maggio del 2014 da Ca Raffaello, nell’Aretino. Il corpo non è mai stato trovato.

I giudici hanno accolto la quantificazione della pena richiesta del pm Marco Dioni. Il religioso era presente in aula ed è rimasto impietrito alla lettura della sentenza. “E’ solo il primo passo: si tratta del primo grado di giudizio e faremo appello”. Così l’avvocato Rizzieri Angeletti, il difensore del. Il legale si è detto “soddisfatto” della propria linea difensiva ed ha riferito che il frate non si sente di commentare la sentenza.

“Ora dica dove ha messo il corpo”. A chiederlo è il marito di Guerrina, Mirko Alessandrini. “Avevo il cuore a duemila e pensavo di morire”, ha detto l’uomo dopo la sentenza. “Mia moglie non c’è più, ma ha avuto giustizia nel suo 52esimo compleanno”, ha detto. “Alabi ha tradito la fiducia di tutti noi: lo avevano accolto come un amico”. La sentenza prevede anche il pagamento di una provvisionale da parte di Alabi al figlio della coppia.

E’ il primo maggio del 2014 quando Guerrina Piscaglia, 50 anni da compiere, sparisce da Ca Raffaello, piccola frazione di Badia Tedalda in un’enclave di terra aretina incuneato in Romagna. La donna ha un figlio, Lorenzo, di 24 anni avuto dal marito Mirko Alessandrini con il quale convive. Di lei non si sa niente per alcuni giorni ma si sospetta che si tratti di un allontanamento volontario. Le indagini prendono un’improvvisa accelerazione qualche mese dopo, quando le sorelle della donna si dicono perplesse sul possibile allontanamento volontario di Guerrina da Ca Raffaello.

Il 5 settembre 2014 padre Graziano Alabi, frate congolese della parrocchia di Ca Raffaello frequentata da Guerrina, viene sentito dal pm e da persona informata sui fatti diventa indagato per sequestro di persona. L’ipotesi formulata dal magistrato si basa sul fatto che, da quanto emerso, la donna si sarebbe innamorata del sacerdote tanto da rendergli la vita impossibile. Il religioso, assistito dall’avvocato Luca Fanfani, sceglie la linea del silenzio anche durante gli incidenti probatori con due romene che lo stesso avrebbe frequentato a Perugia prima di essere arrestato con l’accusa di omicidio volontario e soppressione di cadavere il 23 aprile 2015.

Il frate finisce in carcere ad Arezzo e uscirà solo nel dicembre 2015 assistito peraltro da due nuovi avvocati Francesco Zacheo e Rizieri Angeletti. Ad agosto aveva rilasciato una serie di dichiarazioni spontanee ritenute dal pm poco attendibili. Ad inguaiarlo ci sono soprattutto un sms mandato ad un contatto che solo lui conosceva dal cellulare di Guerrina, dopo la sua scomparsa, e il personaggio di “zio Francesco” mai trovato e dunque per il pm “inventato”.

Nel frattempo parte il processo in Corte d’Assise, i giudici cercano di capire, attraverso una lunga serie di testimonianze, cosa sia realmente accaduto senza dimenticare però che il corpo della donna non si trova. Nel settembre scorso si arriva alla richiesta di condanna a 27 anni da parte del pm Marco Dioni mentre la difesa chiede l’assoluzione del proprio assistito perché a suo giudizio nessuna prova va oltre il ragionevole dubbio.

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