Caso Yara, Bossetti: “Tirate fuori le vere prove, quel dna è strampalato”

di Stefania Arpaia

Bergamo – E’ stato Massimo Bossetti a prendere la parola, venerdì mattina, in tribunale a Bergamo e a parlare direttamente con il giudice.

L’uomo, accusato di aver ucciso la 13enne di Bembrate, Yara Gambirasio, ha ancora una volta ribadito la propria innocenza. L’operaio ha risposto alle domande del pm Letizia Ruggeri e ha detto: “Il dna ritrovato sul corpo della povera ragazza morta non è mio”.

Poi attacca: “Innanzitutto fino a oggi non siete nemmeno riusciti a capire a cosa corrisponda. Per metà non mi appartiene, per l’altra metà ha degli errori. Quel dna non mi appartiene, è strampalato. È dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda, visto che non ho fatto niente e voi lo sapete”.

E ancora: “Tirate fuori le vere prove. Non so come mai quel dna sia finito sui vestiti della ragazzina e tanto meno mi appartiene. Non ho mai conosciuto Yara, mentre suo padre l’avrò visto tre volte nel cantiere di Palazzago, dopo la scomparsa della figlia”.

Poi ha aggiunto: “Non ho mai fatto ricerche sessuali su minorenni con il computer di casa. Non ho fatto niente”. Alcune tecnici informatici avevano analizzato il computer dell’uomo, scoprendo che da quell’indirizzo IP erano partite delle ricerche a sfondo sessuale che presentavano la parola chiave “ragazzine”.

Bossetti ha spiegato che sia lui che la moglie utilizzavano il pc per vedere siti pornografici ma mai riguardanti minori. “Assolutamente no – ha sottolineato – quelle ricerche nei nostri pc non possono esserci”. L’accusato nega anche di essere stato nel supermercato Eurospin di Brembate dove la supertestimone ha detto di averlo visto comprare delle lamette e alcune lattine di birra.

Presenti in aula anche la moglie di Bossetti, Marita Comi, giunta in tribunale poco dopo le 9.

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