Riforma della Scuola, studenti protestano in tutta Italia

di Redazione

 Roma. Striscioni, slogan, microfoni, fumogeni. E a Torino fantocci di cartone dati alle fiamme, raffiguranti Matteo Renzi, Stefania Giannini, Silvio Berlusconi e Maria Stella Gelmini.

È il primo giorno dell’autunno “caldo” della scuola, una tappa quasi obbligata, che condensa proteste e istanze di chi vive nelle aule e vorrebbe incidere sulle decisioni. Ottantamila gli studenti scesi in piazza in decine di città, da Milano a Palermo (tre cortei solo a Roma), per far sentire la loro voce e dire cosa manca e cosa va cambiato nella cosiddetta “Buona Scuola” di Renzi, il piano del governo per riformare l’istruzione che mette sul piatto un miliardo di euro per stabilizzare dall’anno prossimo 150 mila prof precari, ma con l’altra mano minaccia di tagliare l’organico degli Ata (ausiliari tecnici e amministrativi), di sfilare 400 milioni alle università (già stremate da un miliardo di tagli a seguito della legge Tremonti) e impoverire di ulteriori 160 milioni in fondo per il diritto allo studio.

La mobilitazione è stataindetta dall’Udu (unione degli studenti universitari) e dalla Rete degli studenti sotto l’hashtag #10ottstudentiinpiazza. I ragazzi in piazza hanno chiesto “una scuola, un’università, un Paese diverso, che non è certo quello del Jobs Act o dello Sblocca Italia”. Hanno affermato: “Siamo noi la Bellezza di questo Paese e non possiamo più permetterci di vivere nella precarietà ed essere privati dei nostri diritti”. Più di 6mila studenti a Palermo, mille a Cagliari, 2mila a Perugia, 2mila a Terni: la #grandebellezzasiamonoi e vogliamo essere ascoltati, hanno scandito, quasi all’unisono.

“È ora che la politica si faccia carico delle proprie responsabilità e investa veramente sull’istruzione tutta dalla scuola all’università, è necessario che il diritto allo studio non venga più considerato come un fanalino di coda, ma diventi pilastro portante del Paese. Chiediamo solo di poter studiare, chiediamo un’istruzione accessibile a tutti”, ha dettoAlberto Irone, portavoce della Rete degli studenti medi.

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“È necessario ripartire investendo sull’istruzione tutta, dalla scuola all’università, questo è l’unico cambiamento che chiederemo oggi nelle piazze e che continueremo a chiedere anche il 25 ottobre insieme ai lavoratori perché non possiamo permetterci di vivere nella precarietà, che ci impedisce di investire sui nostri desideri e sulle nostre aspettative”, ha sottolineatoGianluca Scuccimarra, coordinatore dell’Unione degli Universitari. E insieme hanno dato appuntamento, di nuovo in piazza, il 25 ottobre, “perché non possiamo più permetterci di vivere nella precarietà che ci impedisce di investire sui nostri desideri e sulle nostre aspettative; non possiamo permetterci di barattare i nostri diritti con quelli degli altri, perché li vogliamo per tutte e tutti; non possiamo permetterci che qualcun altro parli e decida per noi, usandoci come uno slogan mediatico, perché abbiamo bisogno di un cambiamento vero”.

La mobilitazione sarà accompagnata dallo sciopero dei docenti indetto dai Cobas e vedrà anche la partecipazione degli universitari che chiedono l’immediato stop al decreto Sblocca Italia e stigmatizzano lo smantellamento del diritto allo studio.

La giornata, diffusa anche tramite una comunicazione capillare sui social network attraversofoto nomination sui banchi (#entrainscena)e gli hashtag #10O o #10Ott e #entrainscena , si preannuncia largamente partecipata, con 100 cortei in agenda. Durante i cortei, a Bari gli studenti hanno occupato l’Ufficio Scolastico Regionale, così come hanno fatto a Milano, richiedendo risposte al direttore; a Roma hanno calato dalla facoltà di Ingegneria uno striscione che recitava “Tagliare fondi a università, ricerca e borse di studio non è una buona scuola” e si sono poi diretti al ministero dell’Istruzione; a Brindisi si sono fermati in luoghi simbolici, per rivendicare il diritto al trasporto gratuito.

E ancora, a Pisa, hanno simbolicamente tagliato il nastro dei lavori per dire no allo Sblocca Italia; a Firenze si sono fermati davanti alla catena Eataly in solidarietà con i lavori in lotta e per dire no a JobsAct e precarietà. Quasi ovunque la protesta ha avuto per bersaglio la riforma de #labuona scuola, con l’accusa che si voglia svendere la scuola pubblica ai privati.

“Una mentalità vecchia, che ha contribuito a portarci al 44% di disoccupazione giovanile, a 2 milioni di Neet (persone che non studiano né lavorano) e a tassi di dispersione scolastica sopra il 17%”, ha commentato dal Cagliaritano, dove partecipa a un incontro il sottosegretario all’IstruzioneGabriele Toccafondi. “Sono numeri che non possiamo permetterci, e con la riforma vogliamo invertire la tendenza, avvicinando i giovani al mondo del lavoro”, ha aggiunto, difendendo la riforma scolastica proposta dal governo.

“Il Governo Renzi ha messo la scuola al centro dell’agenda politica italiana. E l’ha fatto dando risposte concrete prima di tutto all’emergenza ‘edilizia scolastica’. – aggiungeFrancesca Puglisi, responsabile Scuola, Università e Ricerca Pd – Avevamo assicurato che non ci sarebbero state riforme calate dall’alto. Per questo ‘La buona scuola’ è il patto educativo che il governo offre alla discussione del Paese intero. Lo facciamo soprattutto per gli studenti. Perché quel 17% di ragazzi e ragazze che, sfiduciato, abbandona la scuola e quel 44% di disoccupazione giovanile che affligge il nostro Paese ormai da troppi anni, impone un cambiamento”. “Il Pd è impegnato in tutta l’Italia ad ascoltare le proposte di studenti, insegnanti, famiglie, imprese, perché il nostro Paese possa rivivere un nuovo Rinascimento delle idee, capace di far diventare la scuola l’avanguardia e non la retrovia del Paese. Ai ragazzi chiediamo di essere liberi da totem ideologici che hanno difeso solo i già garantiti, facendo pagare il prezzo dell’immobilismo alle nuove generazioni”.

In piazza con gli studenti anche laFlc-Cgil, “per ridare valore sociale all’istruzione pubblica”, ha spiegato il segretario generale,Mimmo Pantaleo, per il quale le scelte del governo “vogliono piegare la scuola e le università alle logiche del mercato e agli interessi delle imprese”. Per Piero Bernocchi (Cobas), “dietro il fumo di 136 pagine con linguaggio accattivante e con la promessa di stabilizzare finalmente da settembre 2015 i circa 150 mila precari delle graduatorie a esaurimento, Renzi e i suoi consiglieri hanno squadernato tutto il peggio che in materia di scuola-azienda, scuola-miseria e scuola-quiz i governi degli ultimi 20 anni hanno cercato di imporre all’istruzione pubblica”.

Hanno sfilato anche gli insegnantiprecari: grosse matite rosse in mano – “uno dei simboli della scuola che vogliono distruggere”: “Se Renzi riesce con ‘la buona scuola’, la scuola pubblica è distrutta. Vogliono creare generazioni di robottini, incapaci di fare scelte con la propria testa”, hanno detto.

Solidale con i manifestanti anchel’Arcigay: “Sosteniamo le istanze dei giovani di questo Paese e dei lavoratori della scuola e condividiamo con loro la grande preoccupazione per un sistema scolastico fragile, che si va via via indebolendo sotto i colpi dei tagli, di un’allarmante esternalizzazione, e di una progressiva dismissione di quel patrimonio pubblico, che lo trasforma in un bene di mercato, smantellandone la rilevanza costituzionale”.

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