Femminicidio: problema di educazione, di cultura o…mentale?

di Speranza Lettera

 ROMA. Vanessa è stata strangolata, Claudia accoltellata, Lucia sfregiata con l’acido, Alessandra è morta dissanguata in seguito a percosse.

124 le donne uccise in Italia nel 2012 per mano di un uomo, secondo le stime della “Casa delle Donne” di Bologna. Ma il conto dei femminicidi dal 2005 allo scorso anno è di 901 in totale: oltre il 60% sono vittime dei propri partner o ex, uomini che le hanno amate o che dicono di amarle ancora, ma in maniera malata. Il movente? La gelosia, l’ultimo impulso di ira incontrollata che sfocia in violenza fisica e chiude il ciclo di un calvario infernale.

“Perchè la donna? Perchè è tradizionalmente il soggetto debole per eccellenza su cui l’uomo può liberamente coltivare il suo delirio di onnipotenza”, asserisce il magistrato Simonetta Matone, ospite dell’ultima puntata di “Porta a Porta”, che aggiunge: “Sono carnefici psicopatici, e l’essere ammoniti dalle forze dell’ordine scatena ancor di più la loro furia omicida. Oltre alle istituzioni, le donne sono i primi soggetti che sottovalutano i segnali di pericolo”.

Bisognerebbe acquisire la forza di reagire, interrompere una relazione al primo minimo atto di violenza, anche verbale, educare i giovani all’individuazione di questi segnali, come sostiene, in maniera consequenziale, lo psichiatra Paolo Crepet, che analizza: “Sono uomini frustrati, uomini che hanno perso una loro ‘proprietà’ e non sanno come recuperarla, uomini che non conoscono la comunicazione dei sentimenti ed usano la brutalità”.

E’ allora un problema di cultura? Oggi le donne sono più libere e la virilità maschile non lo accetta: godono di autonomia, del diritto di voto e delle pari opportunità.

“Le donne non vengono uccise perchè sono vittime ma perchè sono protagoniste di un fenomeno dalla sinistra modernità, che è parte integrante del terzo millennio. E’ un modo per ristabilire il gioco delle parti, per rimettere la donna in riga”, afferma la giornalista Marida Lombardo Pijola.

Purtroppo, allo stato, in Italia non esiste ancora una legge che tuteli le donne adeguatamente e il numero dei femminicidi non accenna ad arrestarsi. Non siamo più in età paleolitica, le donne non sono più una “funzione primordiale” utile alla riproduzione, ma sono “esseri funzionanti”.

Intanto, molte donne si affidano al silenzio perché credono che amare significa perdonare. Amare è dare la vita, condividere la vita, non spezzare la vita.

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