Cassazione: “Dell’Utri fu il mediatore tra mafia e Berlusconi”

di Mena Grimaldi

 ROMA. Marcello Dell’Utri “ha tenuto un comportamento di rafforzamento dell’associazione mafiosa fino ad una certa data”.

A scriverlo è la quinta sezione penale della Cassazione nelle 146 pagine in cui spiega per quale motivo è stata annullata, lo scorso 9 marzo, la decisione della Corte d’Appello di Palermo del 29 giugno 2010 che aveva condannato Dell’Utri a 7 anni di reclusione per concorso esterno.

Secondo la Cassazione, il senatore dell’Utri “è stato il mediatore dell’accordo protettivo per il quale Silvio Berlusconi pagò alla mafia cospicue somme per la sua sicurezza e quella dei suoi cari”. Per i giudici deve essere provato il concorso esterno di Dell’Utri a favore della mafia per gli anni dal ’78 all’82’. “ La motivazione della sentenza impugnata – scrive la Suprema Corte – si è giovata correttamente delle convergenti dichiarazioni di più collaboratori a vario titolo gravitanti sul o nel sodalizio mafioso Cosa nostra -tra i quali Di Carlo, Galliano e Cocuzza- approfonditamente e congruamente analizzate dal punto di vista dell’attendibilità soggettiva nonché sul piano della idoneità a riscontrarsi reciprocamente circa il tema dell’assunzione -per il tramite di Dell’Utri- di Mangano ad Arcore come la risultante di convergenti interessi di Berlusconi e di Cosa nostra e circa il tema della non gratuità dell’accordo protettivo, in cambio del quale sono state versate cospicue somme da parte di Berlusconi in favore del sodalizio mafioso che aveva curato l’esecuzione di quell’accordo, essendosi posto anche come garante del risultato”.

Parlando del ruolo di mediazione avuto dal senatore del Pdl, la Cassazione scrive ancora: “E’ indubbio e costituisce espressione del concorso esterno da parte dell’imputato nell’associazione criminale Cosa nostra il comportamento consistito nell’aver favorito e determinato avvalendosi dei rapporti personali di cui già a Palermo godeva con i boss e di una amicizia in particolare che gli aveva consentito di caldeggiare la propria iniziativa con speciale efficacia presso quelli -la realizzazione di un incontro materiale e del correlato accordo di reciproco interesse tra i boss mafiosi- nella loro posizione rappresentativa- e l’imprenditore amico Berlusconi”.

Il giudice di merito, spiegano i giudici, “valorizza la propria decisione sul rilievo dell’attività di mediazione che Dell’Utri risulta avere svolto nel creare un canale di collegamento o se si vuole, di comunicazione e di transazione che doveva essere parso, a tutti gli interessati e ai protagonisti della vicenda, fonte di reciproci vantaggi per i due poli: il vantaggio, per l’imprenditore Berlusconi, della ricezione di una schermatura rispetto ad iniziative criminali (essenzialmente sequestri di persona) che si paventavano ad opera di entità delinquenziali non necessariamente e immediatamente rapportabili a Cosa nostra o quanto meno alla articolazione palermitana di Cosa nostra di cui veniva, in quel frangente, sollecitato l’intervento, e quello di natura patrimoniale per la stessa consorteria mafiosa”.

La Cassazione fa anche le ipotesi per le quali dovrebbe maturare la prescrizione del reato contestato a dell’Utri. “Un apparente interruzione degli stretti rapporti instaurati con Berlusconi potrebbe risultare, all’esito della nuova analisi demandata al giudice del rinvio, indicativa della definitiva fine della permanenza del reato fino a quel momento consumato, con evidenti riflessi sul computo del termine prescrizionale che il giudice del rinvio dovrà pure considerare”. Oppure, chiarisce la suprema Corte, “potrà risultare compatibile, con motivazione diversa da quella qui cassata, con il costrutto accusatorio”.

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