Il culto della Madonna di Briano

di Redazione

 AVERSA. Ricordarsi di certe cose belle delle nostre tradizioni e delle nostre radici aversane assume per chi vi sta scrivendo un valore aggiunto e davvero coinvolgente.

Attraverso i ricordi riviviamo storie ed episodi ormai dimenticati ma che, comunque, hanno segnato la vita di molti di noi. Tanti anni fa, nel periodo di Pasqua, era abitudine di moltissimi aversani, e non solo, recarsi al santuario della Madonna di Briano. Certo, non come adesso con auto e scooter, all’epoca la cosa la si organizzava in modo alquanto semplice. Bastava un carretto tirato da un bue o da un cavallo, addobbato a festa, con tanto di orchestrina sopra, una fisarmonica, un tamburo e delle trombe, poi altri portavano piatti e nacchere, ciaramella, triccabballacche, etc.

Tutti vestiti con abiti normalissimi, alcuni anche con abiti da lavoro, in pratica su di un carretto c’erano a volte anche 15 persone. Chiaramente, questo rito sapeva di sacro e profano, ed era proprio questa la sua particolarità. Tante famiglie, di ceto sociale basso, ma anche famiglie cosiddette “bene” che si aggregavano a queste comitive davvero rumorose. Forse, anzi sicuramente, era una scusa per trascorre in spensieratezza una bella giornata, ma questo lo era per pochi, molti di più lo facevano per il grande attaccamento verso “A Maronna e M’Briano”. Alcuni andavano addirittura a piedi scalzi, ma per le persone dell’epoca, questo era un vero “voto” di fede verso la Madonna tanto amata.

Le famiglie, riunivano i bimbi, ne erano davvero tanti, li facevano salire sui “Carrettini addobbati a festa” e iniziavano il pellegrinaggio verso questo antico e amato luogo di culto. Una fila fatta di tanti carrettini, trattori, e persone che, con auto che a mala pena camminavano, si incamminavano e tutti assieme si cantava al suono di musiche popolari. Va detto che non solo si cantava, ma si mangiava anche, cosa secondo voi si poteva mai gustare in questo giorno della Pasquetta? Domanda scontata: ’O Turtanielle, con tanto di uova, salame, formaggio e n’zogna! Per farlo scendere nella gola, lo si aiutava con brocche di vino bianco di produzione locale. Tutto questo avveniva durante il viaggio di circa sette chilometri, partendo da Aversa.

la chiesetta della Madonna di BrianoSul luogo di culto, miriadi di pellegrini, che avevano occupato piazzuole verdi in mezzo alla campagna e, a cerchi, avevano formato gruppi eterogenei di colore, musica e dialetti vari (aversano, frignanese, casalese, etc.). Non si conoscevano tra loro, ma bastava varcare la soglia della chiesa, inginocchiarsi davanti all’immagine della Madonnina di Briano, e sentivi un fremito attraversarti il corpo e, credeteci, che sentiamo ora mentre lo ricordiamo. Nell’aria, intorno a tutti, si respiravano pace e solidarietà. Tutti quanti divenivano una cosa sola, non si conoscevano, ma sembrava si conoscessero da sempre. Canti, balli, mangiate e anche e soprattutto preghiere. Una giornata intera trascorsa davanti alla Madonna, e siamo certi che anche Lei, la Madonnina di Briano, in cuor suo, sorrideva ed era felice nel vedere nella “sua casa” tanti figli devoti, che per un giorno intero le avevano tenuto compagnia.

Nella stessa giornata si celebravano anche le gare dei “battenti”, che eseguivano intorno al santuario vari giri, per poi fermarsi ed inginocchiarsi, con sulle spalle un dipinto raffigurante l’immagine della Madonna di Briano. La piazza era sempre stipata di folla inverosimile, tante bancarelle si snodavano lungo la piazza dove si vendeva di tutto per i pellegrini. La voce dei venditori si alzava quasi come un ritornello – “ Chi va ‘a Prianella e nun ss’accatt ‘o scior se nne va comm’’o cafone”- In quei giorni si era solito ripetere anche un altro ritornello-“ jamm’ ‘a Prianella..c’ assettamm’ à cul’ nterra, ce mangiamm’ a nappatela e ce nne venimm ‘a pie’ pè terra”. Questi sono fatti profumati dal sapor di leggenda, ancora oggi li sentiamo, ancora si sentono racconti di persone anziane che ce li riportano alla memoria. Belle tradizioni queste, dei nostri padri, dei nostri nonni. I battenti protagonisti anch’essi di questa giornata che, scalzi, vestiti di bianco e con una fascia di colore rosso e blu, raggiungevano a piedi il Santuario.

Oggi ancora si ripete questo rito, oggi ancora molti vivono certe tradizioni. I battenti, mentre si recavano al Santuario, attraversavano diversi paesi, dove si esibivano con diversi canti popolari, per la maggior parte a sfondo religioso. Loro, alla fine delle esibizioni, chiedevano l’obolo nel nome della Madonna. I battenti camminavano anche sotto il sole, la pioggia. La loro fede era grande e nulla li intimoriva, avevano un solo scopo: raggiungere il santuario di Briano e portare le loro offerte alla Madonna. Anche al santuario, tra una moltitudine di persone, si esibivano e questo accadeva alla’alba del lunedì in Albis.

Andare al Santuario di Briano significa immergersi in un bagno di spiritualità mariana. Qui, dove ogni pietra, ogni ex voto, ogni oggetto rappresenta una pagina di storia, è bello sostare e godere della ridente campagna. Sensazioni, queste, che è possibile vivere ancora oggi, attraverso i “Battenti” del lunedì in Albis e i tanti pellegrini che ancora si recano nell’antico luogo sacro. Anche in questi giorni d’estate, approfittate e recatevi a questo Santuario, portate le vostre famiglie, i vostri figli, fategli conoscere un “posto magico” dove si respira oltre all’aria buona della campagna, tanta fede verso questa Madonna che da tempo immemorabile ha visto miriadi di persone e devoti inginocchiarsi davanti alla sua immagine Sacra.

Rechiamoci a questo luogo di culto in tutti i giorni dell’anno non aspettiamo che venga la Santa Pasqua, rivivere non solo queste vecchie tradizioni ma rinnovare “lo spirito” e trovare pace e serenità davanti all’immagine Sacra della Madonna di Briano, sempre ogni qualvolta ne sentiamo il bisogno.

di Donato Liotto

Scrivici su Whatsapp
Benvenuto in Pupia. Come possiamo aiutarti?
RedazioneWhatsappWhatsApp
Condividi con un amico