Inchiesta P4, arrestato Luigi Bisignani

di Redazione

Luigi Bisignani ROMA.L’uomo d’affari Luigi Bisignani è stato arrestato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare su richiesta della Procura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sulla P4.

A quanto si è appreso l’ipotesi di reato per lui e per il parlamentare Alfonso Papa (Pdl) è favoreggiamento in relazione alla rivelazione di notizie coperte da segreto. Bisignani è agli arresti domiciliari. Bisignani è definito dai magistrati “soggetto più che inserito in tutti gli ambienti istituzionali e con forti collegamenti con i servizi di sicurezza”. Richiesta di detenzione ai domiciliari èstata fatta anche nei confronti di Papa, ex pm a Napoli ed ex vice-capo di gabinetto del ministero della Giustizia quando il Guardasigilli era il leghista Roberto Castelli.

L’indagine, condotta dai pm della procura di Napoli Francesco Curcio e Henry John Woodcock, cerca di fare luce su un sistema informativo parallelo, quella che per i magistrati potrebbe essere una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla gestione di notizie riservate, appalti e nomine, in un misto, secondo l’accusa, di dossier e ricatti, anche attraverso interferenze su organi costituzionali. Oltre alla gestione di notizie riservate, l’inchiesta intende chiarire ogni aspetto in merito ad appalti, nomine e finanziamenti.

Bisignani, ex giornalista radiato dall’albo, già iscritto a 28 anni alla Loggia P2 di Licio Gelli, condannato a 3 anni e 4 mesi nel processo Enimont durante Tangentopoli e coinvolto nell’inchiesta Why Not dall’ex pm Luigi De Magistris. Nato a Milano nel 1953, figlio di un manager della Pirelli, si laurea in economia e si trasferisce a Roma per fare il giornalista e comincia a lavorare per l’agenzia Ansa. Nel 1981 il suo nome comparve negli elenchi della P2 rinvenuti a Castiglion Fibocchi, si dice che egli stesso telefonò e dettò la notizia all’agenzia di cui intanto era diventato redattore qualche anno dopo essere stato il capo dell’ufficio stampa del ministro del Tesoro Gaetano Stammati nei governi presieduti da Giulio Andreotti tra il ’76 e il ’79. Condannato a 2 anni e 8 mesi per aver smistato la maxitangente Enimont, il suo nome era già stato collegato allo scandalo P4.

Un’attività di dossieraggio clandestino con l’obiettivo di gestire e manipolare informazioni segrete o coperte da segreto istruttorio. Una vera e propria associazione a delinquere finalizzata anche a controllare appalti e nomine. Questo l’obiettivo con il quale sarebbe sorta la cosiddetta P4, che avrebbe anche interferito sulle funzioni di organi costituzionali, condizionandone le scelte.

Ad accendere i riflettori sui partecipanti e le modalità dell’associazione segreta la Procura della Repubblica di Napoli con un’indagine avviata dai pm Curcio ed Woodcock. Le ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari per Bisignani e Papa sono l’epilogo di un’attività indagine caratterizzata anche da numerose perquisizioni e dall’ascolto di testimoni eccellenti. I provvedimenti emessi rappresentano una svolta sul fronte dell’inchiesta, nella quale finora risulterebbero almeno quattro indagati: oltre a Papa e all’ex giornalista Bisignani (definito nell’imputazione un “soggetto più che inserito in tutti gli ambienti istituzionali e con forti collegamenti con i servizi di sicurezza”); il sottufficiale dei carabinieri di Napoli Enrico La Monica e l’assistente della Polizia di Stato Giuseppe Nuzzo, in servizio al commissariato di Vasto Arenaccia.

Tutti e quattro, insieme ad altri appartenenti alle forze di polizia in corso di identificazione, avrebbero dato vita ad una organizzazione a delinquere finalizzata a compiere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’amministrazione della giustizia. In due modi: da un lato, acquisendo in ambienti giudiziari napoletani informazioni riservate e secretate relative a delicati procedimenti penali in corso e, dall’altro, notizie riguardanti “dati sensibili” e personali su esponenti di vertice delle istituzioni ed alte cariche dello Stato. Informazioni e notizie che sarebbero state gestite ed utilizzate in modo “illecito” con lo scopo ultimo di ottenere “indebiti vantaggi ed utilità”.

Gli indagati, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero poi dato vita ad una associazione segreta, vietata dall’articolo 18 della Costituzione, nell’ambito della quale avrebbero svolto “attività dirette ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”.

Il sottufficiale dell’Arma La Monica, in particolare, avrebbe rivelato in più occasioni notizie coperte da segreto (raccolte anche presso altri appartenenti alle forze dell’ordine) in cambio della promessa di essere sponsorizzato per l’assunzione all’Aise, i servizi segreti militari. Ad avviso degli inquirenti il quadro indiziario è già “nitido” – grazie alle intercettazioni e all’attività investigativa svolta – ed avrebbe portato alla luce un “sistema criminale” ben congegnato e co-gestito “sia da soggetti formalmente estranei alle Istituzioni pubbliche e alla pubblica amministrazione sia, invece, da soggetti espressione delle Istituzioni dello Stato”, tra i quali vengono indicati “parlamentari della Repubblica, appartenenti alle forze dell’ordine” ed anche “faccendieri”.

Tra i testimoni eccellenti ascoltati anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il ministro Mara Carfagna, il presidente del Copasir, Massimo D’Alema, il vice presidente di Fli, Italo Bocchino, l’ex dg della Rai, Mauro Masi, il direttore centrale delle Relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni.

Nei confronti di Papa i pm napoletani avrebbero tra l’altro riscontrato una “anomala” disponibilità di immobili che non sono di proprietà del deputato e il cui affitto viene pagato da altri: o “noti imprenditori” o parenti di Papa. È il caso di Agostino Rodà, 76 anni, il suocero, nei cui confronti lo scorso 1 aprile vennero disposte delle perquisizioni, così come a carico del consulente immobiliare romano 45enne Gianluca Tricarico. In particolare Rodà, secondo quanto riferito da un testimone, pagherebbe un affitto mensile di 1.800 euro per un “prestigioso appartamento” nel centro di Roma, in via Capo le Case, saltuariamente occupato da Papa.

Il sospetto degli inquirenti è che Papa gestisca dei rapporti illeciti con alcuni imprenditori attraverso soggetti a lui “vicini”, come appunto Rodà: altrimenti, viene sottolineato dagli inquirenti, non si capirebbe perchè quest’ultimo si sarebbe dovuto accollare il pagamento dell’affitto dell’appartamento. Un appartamento, peraltro, che risulta essere stato procurato dal consulente Tricarico (l’altro perquisito) che avrebbe anche acquistato una Ferrari risultata nella disponibilità del parlamentare.

Bisignani avrebbe dato al ministro dell’Economia Giulio Tremonti un nome per la presidenza del Poligrafico dello Stato. È lo stesso Bisignani a dirlo ai magistrati nell’interrogatorio del 9 marzo scorso e riportato nell’ordinanza di custodia cautelare. “Ho sicuramente segnalato il Mazzei – mette a verbale Bisignani – al professor Tremonti per fargli ottenere la nomina di presidente del Poligrafico dello Stato. Con il Poligrafico la Ilte è in rapporti per il modello unico”. Roberto Mazzei è stato nominato presidente dell’Istituto poligrafico e zecca dello Stato nel settembre del 2009.

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