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Fini: “No a soggezione dei pm al governo”
FIRENZE. “Sarebbe grave tornare alla soggezione dei pm all’esecutivo, com’era nel fascismo”. È l’allarme che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, lancia dal palco del Teatro Piccinni di Bari, dove è intervenuto al convegno “Organizzare la giustizia – il ruolo del nuovo Csm: fra nuove regole da scrivere e vecchi ruoli”.
Secondo il presidente Fini, “non sarebbe motivo di scandalo separare le carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, ma è una riforma da fare senza rinunciare all’indipendenza della Magistratura. Carriere separate sì ma senza assoggettamento all’Esecutivo”. “Mi rendo conto che l’obbligatorietà dell’azione penale è un principio ben saldo sulla carta ma molto poco nella prassi. Tutto ciò però succede anche per molti altri articoli della Costituzione. Di questo passo dovremmo abolire molti principi. Io penso che il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale debba restare ben fermo nella nostra Costituzione”.
L’attuale composizione del Csm è “adeguatamente bilanciata”. “Un eccessivo peso ai non togati – sottolinea Fini – esporrebbe l’organo ad una forte dipendenza dal potere politico, con gravi rischi per l’imparzialità dei giudici. Ove codesta riforma fosse attuata si determinerebbe un’alterazione d’equilibrio fra i poteri dello Stato”.
Secondo la Terza carica dello Stato, con maggiori risorse “si potrebbe incrementare il numero dei magistrati perchè non è vero che quello attuale è sufficiente, e si potrebbero migliorare anche le dotazioni, i mezzi e gli uffici a disposizione dei magistrati. E potrebbe essere migliorata e incentivata l’informatizzazione”. Più risorse, per Fini, vorrebbe dire anche “dare vita alla costruzione di nuove carceri, perchè il problema del loro affollamento non può essere risolto con indulti o chiudendo gli occhi”.
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