Assistente di polizia penitenziaria tenta il suicidio

di Nicola Rosselli

Castello AragoneseAVERSA. Lotta contro la morte in un letto del reparto di terapia intensiva dell’ospedale “San Giuseppe Moscati” di Aversa il quarantenne assistente di polizia penitenziaria che mercoledì mattina, poco dopo le 9.30, ha tentato di togliersi la vita …

… nei pressi della Scuola di Polizia Penitenziaria ospitata nel Castello Aragonese, in piazza Trieste e Trento. Secondo una prima ricostruzione operata dai carabinieri del reparto territoriale di Aversa, che, coordinati dal tenente colonnello Francesco Marra e dal capitano Domenico Forte, stanno indagando sul caso, il quarantenne, abitante ad Aversa, ma proveniente da un altro comune del casertano, aveva parcheggiato la propria autovettura, una Citroen, in via Alfonso d’Aragona, proprio di fianco alla scuola. Ha, poi, impugnato la pistola d’ordinanza e, rimanendo seduto nell’autovettura, si è esploso un colpo di pistola al cuore, che non è stato, per sua fortuna raggiunto. Immediatamente soccorso da alcuni passanti e dai sanitari del 118, il militare, al momento ancora lucido, ha dichiarato lui stesso di aver tentato il suicidio, senza specificarne il motivo. Trasportatoall’ospedale “Moscati” di Aversa, in un primo tempo l’uomo sembrava non essere in pericolo di vita. Nel primo pomeriggio, invece, le sue condizioni si sono improvvisamente aggravate tanto che i sanitari normanni hanno deciso di trasferirlo in rianimazione, sottoponendolo a terapia intensiva, dichiarandolo in pericolo di vita.

L’assistente era in servizio presso il carcere napoletano di Secondigliano, ma da qualche tempo era distaccato proprio presso la scuola. Ancora incerte le cause del tentativo di suicidio, anche se gli inquirenti parlano di un forte stato di stress al quale il quarantenne sarebbe stato sottoposto a causa del proprio lavoro.

IL COMMENTO DEL SAPPE. Donato Capece, segretario generale del Sappe, commenta:”Sono sconcertato dalla notizia – dice in una nota – l’assistente di Polizia Penitenziaria, di circa 40 anni, lotta tra la vita e la morte. Forte è la nostra preoccupazione per il fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti alle forze di polizia, ed alla Polizia penitenziaria in particolare. Bisogna comprendere e accertare quanto ha eventualmente inciso l’attività lavorativa e le difficili condizioni lavorative dei colleghi suicidi nel tragico gesto estremo posto in essere”. “L’inquietante periodicità con cui avvengono questi tragici eventi devono fare seriamente riflettere – sottolinea Capece – L’Amministrazione penitenziaria, dopo la tragica escalation di suicidi dello scorso anno – nell’ordine dei 10 casi in pochi mesi – accertò che i suicidi di appartenenti alla polizia penitenziaria, benché verosimilmente indotti dalle ragioni più varie e comunque strettamente personali, sono, in taluni casi, le manifestazioni più drammatiche e dolorose di un disagio derivante da un lavoro difficile e carico di tensioni. Proprio per questo il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria assicurò i sindacati di prestare particolare attenzione al tragico problema, con la verifica delle condizioni di disagio del personale e l’eventuale istituzione di centri di ascolto”. “Ma a tutt’oggi non sappiamo quanti sono e dove sono stati attivati questi importanti Centri di ascolto. – conclude – È davvero un luogo comune pensare che lo stress lavorativo riguardi solamente le persone fragili. Al contrario, il fenomeno colpisce, inevitabilmente, tutti i lavoratori, e in modo particolare coloro che operano nei servizi di sicurezza e tutela pubblica”.

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