Meredith, condannati Amanda e Raffaele

di Redazione

 PERUGIA. 26 anni per Amanda Knoxe 25 per Raffaele Sollecito. Questa la sentenza, giunta nella tarda serata di venerdì, per l’omidicio di Meredith Kercher.

La studentessa americana e il suo ex fidanzato sono quindi stati ritenuti colpevoli dell’atroce delitto consumato nella notte tral’1 e il 2 novembre 2007 a Perugia, in via Della Pergola. Condanne che arrivano dopo due anni di carcere per entrambi e 11 mesi di udienze, e che si aggiungono a quella a 30 anni, emessa con rito abbreviato, nei confronti dell’ivoriano Rudy Guede. La Knox è stata condannata anche per il reato di calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, finito in carcere nella prima fase delle indagini e poi dichiarato estraneo alla vicenda: per questo reato Amanda dovrà risarcire il musicista congolese con 40mila euro.

I due imputati hanno evitato l’ergastolo, chiesto dai pubblici ministeri, perché la corte ha ritenuto di escludere le aggravanti contestate e di concedere le attenuanti generiche. I reati, inoltre, sono stati dichiarati unificati dal vincolo della continuazione e da quello di violenza sessuale assorbito nel reato di omicidio volontario. Knox e Sollecito sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e interdetti per sempre dai pubblici uffici. Dovranno, inoltre, risarcire i famigliari della studentessa inglese.

Amandaè esplosa in lacrime dopo aver ascoltato la sentenza, Sollecito è rimasto impassibile.

Una “sentenza contraddittoria”, secondo l’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Sollecito, la quale ritiene che in appello non potrà che arrivare un’assoluzione: “Credo che avere fiducia nella giustizia significhi prendere atto delle sentenze anche quando ci danno torto. – dice l’avvocato – Io prendo questa sentenza di condanna come un rinvio della sentenza di assoluzione di Raffaele, anche perché nel dispositivo c’è qualcosa di contraddittorio, in quanto di fronte al tipo di contestazione sono state riconosciute le attenuanti generiche”. Questa, conclude Bongiorno, “non è una sentenza di condanna, è un doloroso differimento di sentenza di assoluzione che arriverà. Ora pensiamo all’appello”.

La corte ha dunque giudicato valida la dinamica dell’omicidio ricostruita dai pm Giuliano Mignini e Manuela Comodi, nonché “inconfutabili”le prove scientifiche che collocano i due ex fidanzati nell’ appartamento in cui Amanda conviveva con Meredith: il Dna della Knox e della vittima sulle macchie di sangue repertate nel bagno, il profilo genetico della studentessa di Seattle assieme a quello di Meredith su un coltello da cucina trovato dagli investigatori nella casa di Sollecito, il Dna dello studente barese sul gancetto del reggiseno di Meredith.

Secondo l’accusa, quella sera Amanda, Raffaele e Rudy arrivarono a casa in via della Pergola, dove c’era già la giovane inglese. “Non sappiamo con certezza che intenzioni avessero – aveva detto Mignini nella sua accusa – ma è possibile che ci sia stata una discussione, poi degenerata, tra Mez e Amanda per i soldi scomparsi. O forse la studentessa inglese era contrariata per la presenza di Guede”. Fatto sta che “la Knox, Sollecito e l’ivoriano, sotto l’influsso degli stupefacenti e forse dell’alcol, decidono comunque di porre in atto il progetto di coinvolgere Mez in un pesante gioco sessuale”. Un’aggressione con un “crescendo incontrollato, inarrestabile di violenza e gioco sessuale” che termina con la morte della ragazza. A sferrare la coltellata mortale, secondo la procura, è Amanda, che “voleva vendicarsi di quella smorfiosa troppo seria e morigerata per i suoi gusti”, mentre Raffaele la tiene ferma. È, invece, Rudy a violentarla. “Mez è stata uccisa in maniera impressionante da tre furie scatenate” avevano ribadito i pm. Parole, e prove, che le difese dei due imputati hanno tentato invano di smontare.

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