Liotto: “Prendiamo insegnamento dai non udenti”

di Redazione

Donato LiottoAVERSA. I silenzi nelle famiglie appiattiscono i rapporti con chi ci ama. Restare ore ed ore in silenzio, far finta di scambiare qualche parola, informarsi sull’andamento dei figli che vanno a scuola, chiedere cosa c’è a pranzo, e poi lasciar cadere la cosa, come se nulla fosse.

Il silenzio, ritorna trionfatore. Almeno, in certi contesti familiari, i silenzi diventano assordanti tanto da sfondare i timpani. Tante volte, ci capita di andare nei locali, ristoranti e pizzerie, e nel sederci mentre attendiamo il cameriere, posiamo lo sguardo sui commensali seduti in sala, buttando l’occhio qua e là, salutare qualche conoscente e così via. Ci capita di vedere. Famiglie con bambini, coppie giovani o anziani, comitive di amici, ecc. Bene. Ora riflettiamo un po’: quante volte abbiamo visto persone che, sedute ai tavoli a mangiare, se ne stanno li per ore. Senza scambiarsi una parola. Anzi. Una parola la crea l’occasione, del cameriere che si avvicina e chiede loro l’ordinazione. In quel mentre, notiamo che inizia un dialogo che, serve per l’appunto a rompere quel silenzio quasi opprimente. Momento questo, che dura si e no, due minuti. Ma manca qualcosa, manca il vero dialogo.

Una sera, in un locale, a fianco al mio tavolo, una comitiva di “Sordomuti”, irruppe nella sala. Saranno stati all’incirca dieci persone. Sono entrati gesticolando e facendo versi con la bocca, a noi, che stavamo li, (sembrava una sala di lettura, più che una pizzeria) quasi creava fastidio, come se quel silenzio che regnava sovrano in quella sala, fosse un “piatto speciale” e facesse parte anch’esso del menù. Mangiare, non parlare e far finta di trascorrere la serata in piacevolezza. Ma così davvero non era! Ritornando al tavolo dei non udenti, tutti i clienti del locale, hanno posato lo sguardo su di loro.(finalmente avevano trovato qualcosa da fare, per meglio impegnare il tempo e riempire i loro “Silenzi morti” e definirli tali,davvero non è eccessivo. Gli occhi, non più sui quadri del locale, sulle suppellettili e sui menù. Ma l’attenzione, era riservata tutta a loro. Li sentivamo e li vedevamo che, con allegria si scambiavano versi, parole, gesti a noi forse strani, ma per loro usuali e normali. Anche dopo che, il cameriere è passato al loro tavolo, a prendere l’ordinazione. Un momento da ricordare. Con pochi gesti si facevano capire e devo dire, contribuendo indirettamente, a riempire quel silenzio in sala, con tantissima allegria.

Mentre la serata scorreva via, era impossibile non guardare, sbirciare con la sguardo, quasi invidiandoli. Son certo. Quanti di noi. Avrebbero desiderato, star seduti al loro tavolo. Dio ha negato a queste “Persone straordinarie” il dono della parola. Ma, non volendo, ha dato loro, molto di più, rispetto a chi la parola ce l’ha. Le loro emozioni sono vere. Ridono, gridano, vivono la loro condizione con serenità e dignità. Si divertono, con gli occhi parlano molto più, di chi dice tante parole che, il più delle volte son pure inutili stridenti e senza senso. Questo io credo, sia l’insegnamento che dobbiamo far nostro e da prendere come valido esempio.

Riflettiamo su questo aspetto: in quante famiglie questi silenzi, sono distruttivi e impediscono un dialogo che tarda ad arrivare, gridiamo, urliamo e poi si fa finta che, tutto vada bene. Famiglie e persone che nel silenzio, cercano rifugio e si scappa così, dalle proprie responsabilità. Pensare che, loro, i non udenti, non hanno il grande dono della parola e non lo utilizzano. Mi sa davvero di gran peccato. Applichiamo nei nostri contesti familiari questo insegnamento, soprattutto con le persone che amiamo, mettendo da parte i silenzi e i pregiudizi usando il dono della parola, Il silenzio uccide l’anima. Parlare è essenziale, per non dire vitale. Per coltivare i rapporti con i figli, con le mogli, con tutte le persone a noi care. I nostri, sono silenzi morti. Ma quello che vidi in quel locale, quella sera. Io la definisco “musica suadente” per le orecchie e gioia per gli occhi. A tal proposito, prendo in prestito il titolo di una celeberrima canzone napoletana dal titolo: “Silenzio..cantatore”.

Il silenzio a cui ho assistito e dove tanti come me presenti hanno goduto, ci ha davvero fatto pensare che, scambiarsi opinioni, discutere dei problemi, affrontare le situazioni siano esse positive o negative, vale come prerogativa essenziale a far sentire a chi ci ama al centro della nostra attenzione. Chiuderci in noi stessi, alzare muri invisibili può diventare la nostra gabbia. Quelli che amiamo, prima o poi da noi si allontaneranno e alla fine resteremo davvero soli. Anzi. In compagnia dei nostri silenzi che, altro non sono che, rimpianti di una vita mal vissuta e di quello che poteva essere e ma più sarà.

Non bisogna necessariamente essere esperti di psicologia per capirle certe cose. Imitiamo i non udenti. E anche i nostri silenzi saranno come i loro “Silenzi Cantatori”. Loro si, che ci possono insegnare a parlare davvero. Soprattutto con il cuore.

Donato Liotto, presidente associazione “New Dreams”

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