Cina, scontri nello Xinjiang: 140 morti e 800 feriti

di Redazione

 URUMQI (Cina). Sono morte almeno 140 persone, e altre 816 sono rimaste ferite, negli scontri tra polizia e manifestanti della della minoranza etnica uigura musulmana nello Xinjiang, in Cina occidentale.

Secondo fonti ufficiali, centinaia di persone hanno aggredito dei passanti, dato fuoco alle auto e bloccato la circolazione in alcuni incroci della città. A quel punto è intervenuta la polizia.

Mentre, secondo fonti non governative, circa 3mila persone hanno iniziato a manifestare nel pomeriggio di domenica a Urumqi, capitale della regione autonoma dello Xinjiang, per la morte di due membri dell’etnia in una fabbrica di giocattoli a Canton, nel sud della Cina, dopo che erano stati accusati di aver violentato una giovane. Poi, all’arrivo della polizia, sono iniziati gli scontri.

Lo Xinjiang è unazona da sempre ostile al regime asiaticoche ha usato sempre il pugno di ferro per tenere a bada una ribellione sommersa attribuita alla minoranza musulmana degli uiguri. Ai confini con l’Asia centrale, lo Xinjiang conta circa 8,3 milioni di uiguri, che lamentano la repressione politica e religiosa condotta dalla Cina. L’ultima serie di gravi attentati attribuiti ai secessionisti uighuri risale all’agosto del 2008: in tre successivi attacchi il 4, il 10 ed il 12, trenta persone sono state uccise in diverse zone della regione. L’episodio più grave fu quello del 4 agosto, pochi giorni prima dell’apertura dell’Olimpiade di Pechino: un attentato contro un commissariato di polizia a Kashgar causò la morte di 17 agenti. Due gli uighuri condannati a morte per l’assalto. Nei primi 11 mesi del 2008, nella regione sono state arrestate circa 1.300 persone per reati “relativi alla sicurezza”.

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