Strada intitolata ad Almirante, De Rosa: “Un’indecenza”

di Redazione

Luca De RosaAVERSA. La decisione, approvata in Consiglio, di intitolare una strada allo storico leader dell’Msi Giorgio Almirante sta scatenando, come previsto, una polemica negli ambienti politici della sinistra aversana.

Il primo commenti arriva da Luca De Rosa, esponente dei Comunisti Italiani.

“Come tutti gli anni nella calura estiva avvengono fatti che modificano profondamente la nostra città, ne cambiano l’intima natura, le infliggono ferite profonde che ne segneranno negativamente i destini per gli anni a venire. Due sono i fatti di questi giorni: il proliferare di cantieri per la costruzione di mansarde e l’intitolazione di una strada a Giorgio Almirante. I due fatti sembrano scollegati tra loro, ma in realtà offrono rispettivamente una rappresentazione materiale e simbolica del futuro della nostra città, del matrimonio tra interessi economici e culture regressive e razziste che la segneranno irreversibilmente negli anni a venire. La celebrazione di queste nozze avviene nel Consiglio Comunale con la scelta di intitolare una strada a Giorgio Almirante, firmatario nel 1938 del ‘Manifesto della razza’, collaboratore della rivista ‘La difesa della razza’, Repubblichino di Salò, fucilatore di partigiani nella Val D’Ossola e nel grossetano.

La mozione viene votata praticamente all’unanimità, solo due astensioni. Io trovo indecente questa cosa. Molti penseranno che è per partigianeria politica, saranno pure liberi di farlo e di sostenerlo, ma a loro chiedo una cosa semplice: ma allora i campi di sterminio nazisti, i milioni di morti nei forni crematori solo perché erano uomini e donne di una ‘razza inferiore’, non sono parte della nostra memoria? Celebrare chi contribuì culturalmente, politicamente e materialmente a quell’abominio non è in fondo rinnegare noi stessi, la tragica memoria di ciò che siamo stati e, peggio ancora, di ciò che non ci fa paura di essere oggi? Celebrare chi fu dalla parte di un regime autoritario e sanguinario che portò l’Italia alla tragica esperienza della guerra, che uccise e perseguitò i tanti che contro quel regime e quella guerra lottarono per donarci la repubblica, la democrazia e la costituzione, non è dire a noi stessi che di quelle tragedie non solo non abbiamo più memoria, ma che non abbiamo più alcun interesse? Eppure il dono di quei partigiani è questa democrazia che consente anche agli epigoni di quella storia tragica di esprimersi, di governare, di partecipare alla vita pubblica, proprio quei partigiani che da uomini come Giorgio Almirante sono stati imprigionati, deportati, ammazzati. Forza Italia nei giorni precedenti aveva pubblicamente manifestato il proprio parere contrario a tale intitolazione. Una sorta di imbarazzo intuibile e condivisibile da parte di uomini che pur vengono da grandi culture libertarie e democratiche. Perché Forza Italia poi cambia idea in Consiglio? Perché sceglie di rinsaldare un patto sciagurato che si rinnova tra forze economiche e culture regressive e razziste? Loro continuano a fare affari sul territorio, le cento, le mille mansarde, e poco importa se per poterlo continuare a fare si devono bere quella piccola sciocchezzuola di intitolare una strada ad un razzista. Cosa conta la storia, la dignità di milioni di uomini, la loro memoria, rispetto ad un succulento affaruccio da continuare a gestire? Nulla, appunto, nulla in questa società senza anima che fa del denaro e del successo l’unico metro di misura dei valori e dell’uomo.

Questa è la visione del nostro futuro che ne viene fuori: una strada, probabilmente via Giorgio Almirante, senza marciapiedi, senza aree di sosta, senza servizi pubblici, senza aree standard, un accalcarsi di uomini e donne in una città che offre solo letti per dormire, una immensa periferia degradata di corpi e anime, ciascuno rinserrato nel fortino della sua mansarda, convinto di essere lì rinchiuso uomo ricco e di successo. Per strada si litigherà per un posto auto, la mattina si andrà al lavoro in una immensa e perenne fila di auto, i bambini porteranno una mascherina e giocheranno a palla tra il tinello e la cucina mansardata, il bar sotto casa realizzato in quello che una volta era un semplice garage farà musica e confusione fino alle cinque del mattino. Poi ci sarà qualche comitato, che chiederà verde, aria, posti auto, tranquillità. Saranno proprio i proprietari di quelle stesse mansarde a scoprire amaramente come l’egoismo collettivo è di gran lunga più efficiente, duraturo e di successo dell’egoismo individuale. Ma sarà forse troppo tardi.

Ce lo insegna la storia dell’essere umano, una storia di grande successo evolutivo proprio da quando è sceso dagli alberi e si è strutturato in società, ha ceduto pezzi di egoismo individuale in favore dell’egoismo collettivo della specie. Di strada in avanti quell’uomo ne ha fatta tanta. Oggi sembra abbia deciso di tornare sugli alberi”.

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