Statuto regionale, Stellato: “Grande contributo del Pd”

di Redazione

Giuseppe Stellato NAPOLI. Il Consiglio regionale della Campania ha approvato il nuovo statuto regionale. Una volta pubblicato, il Governo ha un mese di tempo per impugnarlo dinanzi alla Corte Costituzionale.

Entro tre mesi potrà essere sottoposto a referendum abrogativo se lo chiederanno un quinto dei consiglieri o 50mila cittadini. L’approvazione in prima lettura dello statuto, però, ha prodotto la soddisfazione dei partecipanti alla seduta e tutti sono stati concordi nel vedere la sinergia di maggioranza ed opposizione. Sembra trattarsi di un documento che pone l’accento per un verso sui grossi temi della democrazia, per l’altro in merito ai costi della politica, non rendendoli più tematiche incomprensibili ma assolutamente avvicinabili e affrontabili con gli strumenti adeguati. Ciò pone le basi per una giusta riforma elettorale e rivendica l’autonomia dello Stato e della Regione.

“La grande novità di questo Statuto – spiega il consigliere regionale del Pd Giuseppe Stellatoriguarda le Commissioni deliberanti – finora infatti le Commissioni potevano solo istruire gli emendamenti – il che vuol dire che la Commissione sostanzialmente approva la legge, anche se, è chiaro, il potere spetta sempre al Consiglio. Questo accelererà tutta una serie di riforme di cui oggi la Regione ha assolutamente bisogno. Altro punto di fondamentale importanza, soprattutto per il nostro territorio provinciale, è la Legge di “Riordino delle Comunità Montane”, necessaria per offrire risposte chiare, da parte della Regione, alla domanda di qualificazione e di sviluppo delle aree interne, più svantaggiate ed emarginate, ma pur risorse fondamentali, nel nostro caso specifico, della provincia di Caserta.

Il Pd ha lavorato molto in Commissione. Basta dire che la Presidenza è stata affidata al Partito Democratico e un grosso contributo è stato dato da Ciarlo, professore di Diritto Costituzionale all’Università di Cagliari, e dal sottoscritto in qualità di segretario di Commissione. Lo Statuto, dunque, complessivamente può dirsi anche un risultato del lavoro del Pd che è stato il partito trainante. Non vogliamo con questo ovviamente assumere atteggiamenti di priorità, ma soltanto sottolineare un impegno importante che è stato affrontato in questa sede. Ci siamo sforzati di mantenere l’articolazione dello Statuto sui territori provinciali, era necessario affinché il legame tra le varie aree territoriali non andasse perduto. Le ricadute saranno di certo positive poiché abbiamo allargato la partecipazione dei Comuni e delle Province verso il governo regionale. Un maggior dialogo andrà a favore anche delle popolazioni che spesso si perdono tra passaggi burocratici a catena. La gente spesso si chiede, e a ragione, ma su basi pratiche, a noi cosa importa dello Statuto, un documento prettamente tecnico? E invece importa. Esso ci offre un aspetto istituzionale su cui costruire le risposte da dare al territorio.

Con la scrittura di questo nuovo Statuto – ha aggiunto infine il consigliere – si è manifestato il desiderio e la necessità di superare la fase di stallo che ha vissuto il Consiglio in questo ultimo periodo di scossoni anche giuridici. Su queste basi adesso sarà più agevole parlare di Decentramento Amministrativo, del rapporto tra Governo Istituzionale e Governi Locali, di servizi integrati. Sono in previsione grandi cambiamenti, si pensa ora ad una riorganizzazione dell’intera rete sanitaria in due grandi branchie che agevolerebbero moltissimo la burocrazia sanitaria, vale a dire la costituzione di due sole strutture: un’Azienda Sanitaria Regionale e un’Azienda Sanitaria Provinciale. Insomma una grande riforma e vi sono già tutti i presupposti per poterla attuare. Sono convinto che con lo Statuto si possano superare una serie di emergenze prettamente regionali. Parliamo di tre grandi temi: Criminalità, ambiente e lavoro. Temi che riguardano anche un approccio complessivo al territorio. Tre aspetti che in realtà sono tutti collegati tra loro poiché riguardano una differenza di rapporto tra le classi dirigenti e la cittadinanza”.

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