Crisi, Prodi punta alla fiducia, Berlusconi: “Elezioni subito”

di Antonio Taglialatela

Romano ProdiROMA. La fuoriuscita dell’Udeur dalla maggioranza non lascia che due opzioni a Prodi: rassegnare subito le dimissioni, lasciando spazio ad un governo istituzionale o di larghe intese, o “parlamentarizzare” la crisi, presentandosi alle Camere per chiedere il voto di fiducia.

Entrambe, ovviamente, avranno la prospettiva delle elezioni anticipate. Al premier, ovviamente, andrebbe bene la seconda soluzione, ma deve farei conti sia con l’opposizione che all’interno dello stesso centrosinistra. Per stamani, alle 9, si terrà la conferenza dei capigruppo convocata dal presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Alle 10 Prodi sarà alla Camera per riferire. Ieri la prima mossa del presidente del Consiglio è giunta un’ora dopo la conferenza stampa dell’ex ministro Clemente Mastella, convocando prima un vertice straordinario del Partito Democratico (con il segretario Walter Veltroni, i vicepremier Massimo D’Alema e Francesco Rutelli, oltre a Dario Franceschini, Arturo Parisi, Vannino Chiti, Piero Fassino e Antonello Soro) e in serata una riunione allargata agli altri alleati. Come dicevamo, Prodi sarebbe propenso alla “parlamentarizzazione”, e su questo è d’accordo la sinistra radicale, mentre i diniani considerano tale scelta inaccettabile chiedendo un governo di transizione in grado di tutelare il referendum o approvare una nuova legge elettorale che garantisca la stabilità. Dal centrodestra Silvio Berlusconi invoca elezioni immediate: “La crisi era evidente nei fatti, ora è indispensabile e urgente ridare la parola ai cittadini”, ha detto l’ex premier. Anche la Lega è d’accordo sul ritorno alle urne, mentre Udc e An al momento chiedono soltanto le dimissioni immediate. Intanto, l’Udeur di Mastella guarda alle elezioni e a nuove alleanze. Oggi e domani il centrosinistra era chiamato a fronteggiare la crisi: il voto sulla relazione sullo stato della giustizia alla Camera, presentato proprio da Mastella, e la mozione di sfiducia in Senato contro il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Ma don Clemente da Ceppaloni ha sganciato la bomba e affossato il povero Mortadella.

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