60° anniversario della Carta Costituzionale

di Redazione

Il presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini firma il documento davanti al presidente della Repubblica Enrico De NicolaCASERTA. La costituzione italiana fu promulgata dal napoletano Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica il 27 dicembre 1947. Fu l’atto finale di una tormentato travaglio dei padri costituenti e tra loro ben quattro provenivano con storie diverse alle spalle dalla neo costituita provincia di Caserta: Giovanni Caso, Luigi De Michele, Giuseppe Fusco e Raffaele Numeroso.

Un quartetto dimenticato ed oramai ricordato da pochi studiosi e solo in occasione di qualche celebrazione, ma che meriterebbero un’analisi storica più approfondita e portati a conoscenza nel mondo scolastico. “Celebrare i sessant’anni della nostra Carta costituzionale è un dovere di tutti i cittadini. – ha commentato il prefetto di Caserta Maria Elena StasiGià lo scorso anno abbiamo con una manifestazione al teatro comunale celebrato i sessant’anni della Repubblica costituendo un apposito comitato che poi si è interessato successivamente delle celebrazioni del bicentenario della nascita di Garibaldi. Continueremo per tutto il 2008 per portare nel mondo della scuola il difficile travaglio della nascita della carta costituzionale che oggi è alla base del nostro modello di vita. Sono passati molti anni e passi avanti l’Italia ne ha fatto superando momenti difficili che vanno dalla lotta al banditismo, al momento di euforia per il miracolo economico, agli anni difficili dell’attacco allo Stato da parte di organizzazioni sovversive. di destra e di sinistra, per finire a mani pulite. Sempre è prevalso il senso dello Stato e l’alta responsabilità degli italiani che onora l’intero paese”. Anche l’onorevole Paolo Broccoli che all’epoca aveva 14 anni ricorda la nascita della costituzione, ma sottolinea che si tratto di un evento per pochi. “La maggior parte dei casertani non comprese il cambiamento epocale che stava avvenendo – ha commentato l’ex parlamentare – l’Italia veniva fuori da un referendum sulla forma dello Stato ed Caserta aveva votato compatto per la monarchia. Era una minoranza che voleva che la sovranità spettasse al popolo e non ad un uomo benché benedetto da Dio. Uscivamo da anni difficili con una disoccupazione diffusa in tutti gli stati sociali ed una nazione che si stava riorganizzando. Fino ad allora a reggere le sorti dell’Italia c’era la consulta nazionale non elettiva, ma nominata dai partiti a cui diede il suo contributo anche il casertano Corrado Graziadei”. L”Assemblea Costituente, come sancito dal D.L.L. n. 74 del 10 marzo 1946, venne eletta a suffragio universale non solo maschile, ma anche femminile. Le donne, infatti, votarono per la prima volta nella storia d” Italia. Nella seduta pomeridiana del 22 dicembre del 1947, dopo gli interventi dei più eminenti esponenti delle varie forze politiche (parlarono, tra gli altri, Benedetto Croce, Vittorio Emanuele Orlando, Francesco Saverio Nitti, Palmiro Togliatti, Pietro Nenni, Attilio Piccioni, Giuseppe Di Vittorio, Piero Calamandrei e da ultimo Giorgio La Pira), l”Assemblea votò a scrutinio segreto l”approvazione della nuova Costituzione Italiana. La votazione diede il seguente risultato: su 515 votanti, i voti favorevoli furono 453 ed i contrari 62. Venne letto poi un conciso messaggio del Capo provvisorio dello Stato ed un breve, incisivo discorso del Presidente del Consiglio, On. Alcide De Gasperi. Concluse il Presidente dell”Assemblea. “Fu un avvenimento memorabile non solo per gli aspetti giuridico-costituzionali connessi al mandato conferito a quei deputati, ma altresì per l”alto significato politico che l”avvenimento evocava: finalmente gli eletti del popolo sovrano rientravano nell”aula di Montecitorio dopo un lungo e buio periodo di dittatura durante il quale erano state bruscamente interrotte e stravolte le prerogative costituzionali e soppressi gli istituti parlamentari. – ha commentato Vincenzo De Michele, ex presidente della provincia di Caserta – Credo che sia doveroso riconoscere come, sia pure tra marcate distinzioni e talvolta anche profonde contrapposizioni ideologiche e dialettiche, da parte delle forze politiche prevalse, fin dall”inizio dei lavori dell”Assemblea Costituente, la volontà di creare una sorta di continuità ideale tra le istituzioni parlamentari soppresse dal regime fascista nel corso della XXVI e XXVII legislatura e le risorte rappresentanze istituzionali. Di tale spirito vi é chiaro riscontro nella designazione dell”On. Vittorio Emanuele Orlando a presiedere la seduta inaugurale dell”Assemblea Costituente”.

I quattro costituenti casertani

Raffaele NumerosoRaffaele Numeroso. Uno dei politici più prestigiosi e carismatici della Democrazia -Cristiana in Campania e segnatamente nell”Agro aversano. Fu deputato all”Assemblea Costituente e Parlamentare della prima legislatura repubblicana: Nativo di Lusciano, ove trascorse l”infanzia e la giovinezza, consegui a pieni voti la licenza liceale presso il prestigioso Liceo Domenico Cimarosa di Aversa. Laureatosi poi in Giurisprudenza con 110 e lode, partecipò alla prima guerra mondiale da Ufficiale di complemento. Nell”immediato dopoguerra vinse il concorso per Dirigenti del Comune di Napoli percorse in modo lusinghiero tutti i gradi della carriera. Nel 1919 aderì alla formazione politica dei cattolici democratici fondata da don Luigi Sturzo (il P P I ) e, in rappresentanza di tale schieramento, ricoprì l”incarico di Assessore del Comune di Lusciano e poi di Consigliere comunale della città di Aversa. Nel suo pensiero la politica doveva fondarsi su valori etici. I governanti, i politici, le assemblee elettive, le amministra pubbliche, sosteneva Numeroso, hanno il dovere di operare con scienza e coscienza per realizzare il buon governo della società. Quando, invece, operano in modo da subordinare ad interessi di parte, o di pochi, le decisioni da adottare, allora si aprono prospettive inquietanti. Una evidente lezione di etica politica, che, contrariamente a quanto qualche scettico potrebbe-ritenere, egli seppe tradurre in. azione concreta nella difficile veste di pubblico amministratore.

Luigi De MicheleLuigi De Michele.Nacque il 20 Febbraio 1903 a Santa Maria Capua Vetere, suo padre Giuseppe fu uno dei primi attivi deputati “popolari” nella XXV Legislatura del periodo monarchico. Nel 1925 si lauree) presso l”Università di Napoli in Giurisprudenza, col massimo dei voti e lode, svolgendo una tesi su ” Le condizioni del lavoro nel Mondo romano”. Nel 1927, con analoga votazione, consegui la laurea in Scienze Politiche e Sociali con la tesi ” Il sindacalismo e le moderne dottrine politiche” che era in netto contrasto con i principi di quella “Carta del Lavoro” che, proprio in quel tempo, era stata lanciata e passava come capolavoro sociale del regime fascista. La tesi, ispirata dalla dottrina sociale cattolica, era una serrata critica al sindacalismo corporativistico. Fu componente dal 1928 al 1934 del Consiglio Superiore della Gioventù Cattolica Italiana e dal 1936 al 1941 del Consiglio Nazionale dei Laureati Cattolici alla cui fondazione collaborò con Igino Righetti dal 1931 al 1941. Dal 1934 al 1940 fu Presidente della Giunta Diocesana di Capua. Nel corso di tali attività, si occupò in special modo di studi e azione sociale con conferenze e partecipazioni a convegni nazionali e con articoli su quotidiani e riviste cattoliche. Per il suo intenso lavoro in Azione Cattolica ed in F.U.C.I., ebbe concessa nel 1943 da Pio XII la Commenda di San Gregorio Magno. Il 28 aprile 1963 fu eletto Senatore nel Collegio Santa Maria Capua Vetere – Aversa. Fece parte quindi del Quarto Parlamento Repubblicano. Fece parte nuovamente della Commissione Interni e della Commissione Parlamentare Tariffe Doganali, fu relatore di numerosi disegni di legge tra cui quello per l”introduzione dell”ora legale. Alla fine della legislatura decise spontaneamente di non ripresentare la sua candidatura. Morì il 15 settembre 1976.

Giuseppe FuscoGiuseppe Fusco. Nato a Formicola il 5 gennaio del 1885 di professione avvocato e pubblicista. Fu consigliere e poi assessore comunale al municipio di Santa Maria Capua Vetere dal 1921 a 1923. Massone iscritto alla Loggia “Panice” si assonnò nel 1923 ed non ebbe più rapporti con la massoneria. Liberale fu uno dei più validi sostenitori di Giovanni Amendola. Nel 1937 non risultava iscritto al Partito nazionale fascista. Fu eletto deputato nella 27° legislatura nel collegio di Napoli con 14983 e per essere stato tra i costituenti fu nominato senatore a vita. Fu presidente dell’ordine dagli avvocati del foro di Santa Maria Capua Vetere. Nel 1952 fece una precisa interpellanza al ministero di grazia e giustizia ottenendo che i detenuti in attesa di essere interrogati dal magistrato non venissero racchiusi in luoghi malsani denominati “i fossi”. Importanti suoi articoli sono comparsi su “La vita del mezzogiorno” e su l’Almanacco degli avvocati” edito da “la Toga” di Napoli.

Giovanni CasoGiovanni Caso. Figlio d’arte il padre era stato senatore del regno nell’ottocento agli albori dell’unità d’Italia. Fu amato dalla chiesa e la su biografia e legata molto più al mondo religioso che a quello politico. Viene ricordato come persona caritatevole pronto a sostenere le necessità della gente più povere a per questo fu paragonato a santo medico Giuseppe Moscati. Infatti quando la Signorina Maria, ardente apostolina d”Azione Cattolica, col cuore in sussulto, si rivolse per consiglio al Vescovo Mons. Noviello, padre spirituale dell”anima sua, il santo Pastore le rispose: “Figlia mia, è volontà di Dio! Sposalo. Giovanni Caso sarà un secondo Moscati. Io verrò a benedire le nozze”. Era un natale ed in pompieri in senso di riconoscimento gli portarono un cesta di pesci. La persona di servizio, nel vedere quell”enorme pesce prelibato preparato nella cesta con tanta cura, ebbe espressioni di gioia e chiese alla Signora se gliene facesse portare parte a casa. La Signora tentennò il capo, sicura che Giovanni avrebbe rifiutato il pesce prelibato. Infatti il Senatore, rincasando in quell”istante, ringraziò assai cordialmente i pompieri e pregò che portassero la spigola al mendicicomio. I poveri vecchietti godettero il pesce meraviglioso cogli occhi ed il palato; la Signora ed il Senatore però lo assaporarono col cuore. Due ore prima di morire, Giovanni Caso, che era stato il proprietario tra i più ricchi della zona, aveva regalato ad un indigente il suo ultimo biglietto da diecimlia lire; nel portafogli rimanevano duemila e cinquecento lire! La politica non gli aveva fruttato nulla anzi, intesa come apostolato di carità, la politica gli aveva portato via il patrimonio.

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