New York, polizia uccide ragazzo. Stessa riflessione per il caso Sandri

di Antonio Taglialatela

Khiel CoppinNEW YORK. La morte di Gabriele Sandri in questi giorni ha preso il sopravvento su altri drammatici fatti di cronaca, come gli omicidi di Perugia, Erba e Garlasco, la condanna del padre della pakistana Heena. I riflettori sono puntati sulla polizia e sull’uso delle armi da fuoco.

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Una questione che in Italia era già stata sollevata per i fatti del G8 di Genova ma che negli Stati Uniti è da tempo oggetto di dibattiti e proteste. Ieri dei poliziotti della città New York hanno ucciso con venti colpi di pistola un giovane di colore. Avevano scambiato per una pistola una innocua spazzola per capelli che la vittima aveva in mano. Khiel Coppin, 18 anni, del quartiere di Bedford-Stuyvesant, una delle zone più povere di Brooklyn, è morto durante il trasporto in ospedale. A chiamare la polizia era stata la madre, chiedendo aiuto perché il figlio la stava minacciando. Secondo la polizia newyorkese, il 18enne voleva uccidere la madre e, per le scale, gridava “ho una pistola”. Il giovane dicono che fosse affetto da problemi psichici. Ma i vicini di casa, che hanno assistito alla scena, hanno dato una versione diversa da quella dei poliziotti. Khiel, secondo la loro testimonianza, aveva in mano una spazzola, l’ha lasciata cadere a terra ed ha alzato le mani, ma gli agenti avrebbero comunque sparato. Una reazione eccessiva quella della polizia del Nypd, già negli anni addietro protagonista di simili incidenti. Certo, un caso diverso da quello capitato al giovane tifoso laziale domenica scorsa, ma che da parte dei residenti del quartiere americano ha prodotto la stessa riflessione fatta da molti italiani: “I poliziotti devono essere addestrati meglio, altrimenti è chiaro che possano incorrere in tragici errori”, hanno detto i newyorkesi.

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