Le distopiche visioni di Huxley

di Redazione

Aldous Leonard HuxleyAldous Leonard Huxley, nacque nel 1894. Quando nel 1932 pubblicò la sua opera più significativa: “Brave new world” (Il mondo nuovo), aveva, quindi, appena 38 anni. Per definire “Brave new world” non occorrono molte parole: è semplicemente un capolavoro.

Un libro che appassiona dalla prima all”ultima pagina, paragonabile per molti aspetti ad altre due straordinarie opere letterarie del secolo scorso: 1984 di George Orwell (pseudonimo d’Eric Arthur Blair) e Fahrenheit 451 di Ray Bradbury.

Le affinità tra i due autori sono considerevoli, non a caso Huxley fu professore di Orwell a Eton. Le opere dei due scrittori trattano argomenti molto simili. Le capacità letterarie sono indiscutibili, eppure Orwell è di gran lunga più conosciuto ed apprezzato di Huxley.

Entrambi, affrontano nelle due opere citate, gli aspetti più disumanizzanti del progresso scientifico, profetizzando, tra l”altro, situazioni di un”attualità impressionante.

I due scrittori, furono tra i principali esponenti della letteratura distopica (o utopia negativa). Con il termine distopia, coniato come opposto di utopia, ci si riferisce ad una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. Una società nella quale le dinamiche sociali sono estremizzate fino al parossismo.

Il termine Distopìa fu coniato alla fine del XIX secolo dal filosofo John Stuart Mill e indica un luogo del tutto spiacevole ed indesiderabile, l”esatto opposto dell”utopia.

I testi distòpici come “1984” e “Brave new world”, infatti, sono opere “distopiche” che annunciano il futuro deducendolo dall”attualità; un po’ come nella fantascienza di H.G. Wells.

Alcune caratteristiche, comuni alla maggior parte dei romanzi distopici del Novecento, sono all”ordine del giorno: i popoli delle singole nazioni contano sempre meno, la propaganda convince la popolazione che il proprio stile di vita è il migliore possibile, il dissenso è visto in maniera negativa, c”è sempre un leader carismatico che la gente adora e che soffre di uno spiccato culto della personalità, il sistema penale comprende la tortura, il governo sorveglia continuamente i cittadini, la popolazione ha perso ogni legame con la natura.

Huxley era dotato di una capacità profetica impressionante. In uno scritto del 1961 arriva a dire: “…ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private, di fatto, delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici”.

Che dire, sembra il quadro esatto di quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi. L’unica differenza che il “metodo farmacologico” è stato soppiantato dal “metodo mass-mediologico”. I risultati sono assolutamente identici.

Alla luce di quello che sta accadendo in Italia, in questo scorcio di secolo, il pensiero politico di Huxley è d’incredibile attualità. A differenza di Grillo, Huxley pensava che le riforme dovessero prima riguardare gli uomini, poi, le loro istituzioni politiche. Senza un reale cambiamento spirituale dell’umanità ogni modifica strutturale sarebbe stata inutile e non avrebbe prodotto nessun reale progresso.

L’attenzione di Aldous Huxley era concentrata sul modo più adatto per incentivare, ogni singolo essere umano, ad elevare la propria spiritualità. Egli era certo che, migliorando lo spirito d’ogni singolo uomo, ci sarebbe stato un progresso complessivo dell’intera umanità. Tutte le attività umane n’avrebbero ricevuto giovamento. Soprattutto le attività legate alla politica. Il libro “Brave new world” anticipa temi quotidiani quali lo sviluppo delle nuove tecnologie, le scoperte scientifiche nel campo della riproduzione, l”eugenetica e il controllo mentale. L’autore riteneva che queste scoperte potessero essere usate per plasmare un nuovo modello di società. L’eugenetica, in particolare, era al centro dell’attenzione di Huxley.

Questa disciplina pseudoscientifica, inventata da Platone, intendeva perfezionare la specie umana attraverso la selezione dei caratteri, fisici e mentali, ritenuti positvi.

Nel medioevo, il Cristianesimo, dava per scontata la degenerazione umana, lasciando alla sfera ultraterrena ogni possibilità di “miglioramento”. Tommaso Campanella, nel Rinascimento, sosteneva la necessità di controllare la vita sessuale. Nell’ottocento, Galton (cugino di Darwin) coniò il termine eugenetica. In Inghilterra ed in Germania, questa teoria ebbe gran successo, tanto da diffonderla in tutto il mondo. In Italia gli scienziati s’ispirarono alle teorie degenerazioniste di Lombroso. In occidente programmi eugenetici efferati furono applicati dai nazisti. La rimozione forzata dei caratteri considerati negativi, però, riguardò, nel corso degli anni, anche: Stati Uniti, Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Canada e Svizzera.

In “Brave new world”, Huxley, metteva in guardia dalle storture che potevano nascere da un certo tipo di concezione dell’uomo e della società. Le recenti scoperte nel campo della genetica, in primis l’esatta sequenza del genoma, e lo sviluppo delle biotecnologie hanno creato le oggettive condizioni affinché in qualche scienziato potesse balenare la voglia di selezionare i caratteri genetici dei nascituri in base a valutazioni di tipo razziale.

Non a caso il termine eugenetica è usato dal centrodestra per contestare le tecniche di fecondazione assistita. Anche alcuni esponenti del centrosinistra, da qualche tempo, parlano d’eugenetica, associandola alle pratiche mediche legate alla fecondazione. Huxley, prima di morire, disse: “Il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia è la lezione più importante che la storia c’insegna”.

Gli uomini e le donne del nuovo secolo, di qualsiasi razza, religione, opinione politica essi siano, dovrebbero riflettere attentamente su queste parole. Purtroppo, l’umanità ogni qualvolta ha dovuto scegliere tra uomini saggi e pazzi furiosi, ha sempre seguito questi ultimi.

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