Garibaldi e gli eroi padani

di Redazione

Umberto BossiDurante un convegno che si teneva a Montecitorio, per celebrare il bicentenario della nascita dell’Eroe dei due mondi, un gruppo di militanti del Carroccio, ha inscenato una protesta al grido di: “Ma quale eroe, togliete le statue di Garibaldi dalle piazze della Padania”.

Dopo l’increscioso episodio, la segreteria della Lega Nord, ha comunicato alla stampa i nomi degli eroi di “puro sangue padano” che d’ora in poi sostituiranno l’eroe di Caprera. “Al posto della statua di Garibaldi, d’ora in poi, vedremo per davvero degli uomini rudi ed avvezzi alle battaglie e non quel vecchietto freddoloso” ha aggiunto uno dei fedelissimi del Bossi.

I contestatori hanno suggerito di dedicare la Piazza Garibaldi di Brugheria Nebbiosa (Vr) a tale Umberto Cadreghin, che durante la seconda guerra mondiale, per la precisione dopo l’otto settembre, proveniente dalla Sicilia, si ruppe un molare assaggiando quello che riteneva fosse un “babà” e che, in realtà, si dimostrò essere un bullone arrugginito di un carro armato italiano, prodotto non più di due mesi prima dalla famosa fabbrica d’armi “Folgori” di Sparapanzo sul Mincio.

Giuseppe GaribaldiPiazza Garibaldi a Milano sarà intitolata a Goffredo Dibuiolo, il fidato attendente del Generale di Corpo d’Armata Oriello de Culatelli. Il famoso generale bolognese ed il suo fidato attendente padano passarono eroicamente a miglior vita, mentre lanciavano contro il nemico l’ultima “arma” rimasta nelle loro mani: un prosciutto crudo di dodici chili rubato due giorni prima dalla mensa degli allievi seminaristi della Chiesa di Montebello di Pistacchio, in provincia di Modena. Per la verità, forse Goffredo Dibuiolo la statua se la merita per davvero. Dopo aver lanciato il prosciutto e aver visto il generale fuggire a gambe levate, il nostro Goffredo si diresse con fare altero ed aspetto marziale verso i soldati nemici brandendo un’arma bianca. Appena arrivato a tiro, si offrì di affettare il prosciutto in cambio della propria libertà. Quell’eroico gesto fermò l’avanzata nemica. Purtroppo, dopo che tutto il prosciutto fu rosicchiato fino all’osso, dagli eroici uomini della Wermacht, la battaglia riprese più violenta di prima.

L’esempio più fulgido d’eroe padano, però, è quello di Berto Capozzin. Un rude omaccione, nato in quel di Menate sul Callo, in provincia di Bergamo, che all’età di trentasei anni, per espiare un grave peccato, fece un giuramento di fronte alla statua d’Alberto da Giussano, che si trova sulla piazza principale di Callate sul Menchia, vicino Brembella sul Pisello. Il Capozzin, per espiare i suoi orrendi peccati, giurò di sposare una meridionale con i baffetti e per giunta pure sicula. Detto fatto. Purtroppo il martirio del Capozzin fu più atroce del previsto. La moglie sicula si portò appresso tutta la parentela. Il padre Mimmuzzo, la madre Rosalia, le sorelle Immacolata, Addolorata, Dispiaciuta, Contrita e Desolata, i fratelli Salvatore, Salvo, Sasà, Totò, Totuccio, Tonio, Tonino e Antonio, più tutti i cognati, le cognate, gli zii, le zie, i nipoti e i cugini di secondo grado. Insomma un girone dantesco di meridionali che vivevano tutti alle spalle del Capozzin, che nel frattempo aveva aperto una “fabrichetta” con i soldi avuti in eredità da un lontano parente emigrato in Argentina, tale Gennaro Spositello (un oriundo).

In ogni modo l’elenco degli eroici padani è talmente lungo che si potrebbe riempire un elenco telefonico…, cioè…no, diciamo che si potrebbe riempire una bell’agendina. L’importante, in ogni caso, è che le piazze padane si possano riappropriare dei loro eroici combattenti e dei simboli caratteristici di una lotta fatta per la libertà di un popolo. Anzi a tale proposito io lancio un appello al nostro gran capoccione. Umberto dai uno schiaffo morale a questi “terrun”, tu e tutti i tuoi accol…, accompagnatori, bruciate sulle piazze padane quelle decine e decine di migliaia d’euro che ogni mese, per sfregio, lo Stato Italiano insiste nel volervi dare, quale compenso per l’attività parlamentare.

Deputati e Senatori del Carroccio, in nome della “padania libera” rispedite al mittente i soldi degli italiani. Dimostriamo che siamo gente dura, che ce l’ha duro. Viva la Padania, viva la polenta, viva il cotechino, viva il risotto allo zafferano.

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