Fideiussioni per 220 milioni senza garanzie

di Redazione

FidejussioniCASERTA. Rilasciavano fidejussioni in tempi celeri (con percentuali che variavano dal 5 al 7 per cento), senza gli approfondimenti di prassi della consistenza patrimoniale dei clienti – che le richiedevano per la partecipazione ad appalti, per l’accesso all’erogazione di contributi o a finanziamenti pubblici per la riscossione di creditI d’imposta – garantendo importi fasulli per oltre 220 milioni di euro «virtuali».

Non solo: benché cancellate lo scorso febbraio dall’albo speciale dell’Ufficio Italiano Cambi, avrebbero continuato nell’attività finanziaria stipulando nuovi contratti sotto altra denominazione. È quanto accertato da un’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere che ha chiesto e ottenuto dal gip del locale tribunale il sequestro preventivo di numerosi beni immobili, risultati nella disponibilità di sei persone, tra professionisti e imprenditori, alle quali facevano capo tre società per azioni operanti nel campo dell’intermediazione finanziaria: una con sede legale a Caserta, e altre due a Maddaloni. Dalle indagini dei militari del comando provinciale della Guardia di Finanza – agli ordini del colonnello Francesco Mattana – è emerso che le tre società per azioni avrebbero presentato nei bilanci dati e cifre non rispondenti al vero sulla propria situazione economica, patrimoniale e finanziaria. Stando a quanto si apprende, a far scattare l’inchiesta – aperta all’inizio dell’anno – sarebbe stata proprio la denuncia di uno dei soci a seguito di divergenze nella gestione dell’attività. I sei indagati sono accusati di false comunicazioni sociali, formazione fittizia del capitale, ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza e esercizio abusivo di attività finanziaria. In particolare avrebbero realizzato profitti per due milioni e seicentomila euro, garantendo falsamente somme esorbitanti nel rilascio delle polizze. Molti contratti stipulati, è emerso, avevano come beneficiari diversi ed importanti enti pubblici mentre, è indubbio, il vantaggio competitivo delle finanziarie abusive su altre società omologhe in quanto rilasciavano (guadagnando percentuali) fideiussioni in maniera rapida e con parziali verifiche delle cosiddette «schede clienti». Tra le astuzie contabili ritenute idonee a indurre in errore i destinatari dei documenti societari, è emerso, in particolare, il ricorso a conferimenti di capitale mai versati da parte di soci: gli investigatori parlano di una vendita «pilotata» di proprietà immobiliari, al solo scopo di accrescerne in modo fittizio l’effettivo valore economico da iscrivere in bilancio. Un espediente, quest’ultimo, che ha consentito alle società di essere iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari tenuto dall’Ufficio Italiano Cambi, e di emettere migliaia di polizze fidejussorie, fornendo false garanzie per importi superiori ai 220 milioni di euro. Dalle indagini è stato anche accertato che, attraverso una rete di agenti presente in particolare in Campania e, più in generale, in molte regioni del Sud-Italia, gli intermediari sono riusciti a stipulare numerosi contratti, molti dei quali con enti pubblici. L’emissione di polizze in maniera abusiva – dopo la cancellazione dall’elenco speciale dell’Ufficio Italiano Cambi – sarebbe stata operata avvalendosi di un ulteriore società, appositamente costituita, utilizzata come «agente in attività finanziaria» benché sprovvisto delle prescritte abilitazioni oltre che in possesso di un bilancio falso. Le società, peraltro, erano riuscite a iscriversi all’Ufficio Italiano Cambi presentando una situazione patrimoniale florida sulla scorta di acquisti di terreni o immobili fittizi che servivano a rendere più consistenti i bilanci delle società che gli investigatori hanno battezzato «scatole vuote».

Il mattino (BIAGIO SALVATI)

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