Aversa, omicidio Ruggiero: confermato ergastolo per Guarente

di Redazione

La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la condanna all’ergastolo per Ciro Guarente, il 38enne ex cuoco della Marina militare imputato per l’omicidio del 25enne Vincenzo Ruggiero, originario di Parete (Caserta), ucciso a colpi di pistola in un appartamento di Aversa (Caserta) il 7 luglio 2017. Il cadavere fu poi fatto e pezzi e nascosto da Guarente in un garage del quartiere Ponticelli di Napoli. La condanna in primo grado era stata inflitta nel settembre 2018 dal giudice del tribunale di Napoli Nord, Fabrizio Finamore.

Il legale difensore dell’imputato aveva chiesto al collegio la concessione delle attenuanti generiche, anche alla luce dell’atteggiamento collaborativo di Guarente nel corso dei due gradi di giudizio, con la chiamata in correità di colui che gli ha fornito l’arma con cui venne ucciso Ruggiero. Ma le ammissioni, secondo i giudici, sono giunte troppo tardi.

Originario di San Giorgio a Cremano, ma da tempo residente a Giugliano, Guarente, come accertato dagli inquirenti, avrebbe avuto un movente passionale, dovuto alla gelosia nei confronti di Vincenzo, giovane commesso al negozio “Carpisa” del centro “Campania” di Marcianise e attivista per i diritti gay, che viveva insieme ad una amica trans, Heven Grimaldi, in un appartamento di Aversa, in via Boccaccio, al confine con Carinaro, a pochi passi da un noto ristorante cinese. Proprio con la bella trans Ciro aveva condiviso un periodo di amore e passione, poi finito. E di questo avrebbe ritenuto responsabile anche Vincenzo. Ma fra la sua ex e il giovane di Parete, invece, c’era solo un rapporto di profonda amicizia, come sottolineato anche dalla stessa Heven in alcuni post su Fb.

Non solo gelosia morbosa. Guarente, da quanto si apprende, viveva un periodo negativo anche dal punto di vista professionale e prettamente umano. Era un militare della Marina ma due anni prima, dopo aver partecipato ad un gay pride, dichiarando quindi il suo orientamento sessuale, fu declassato al ruolo civile e spostato in un ufficio a Roma. Nel frattempo, l’arrivo di Vincenzo in casa di Heven lo aveva finito di mandare su tutte le furie. Quella sera del 7 luglio, mentre la trans Heven era fuori città, Guarente si presentò nell’appartamento di Aversa per un chiarimento con Vincenzo, terminato in una lite che provocò la morte del 25enne. Quello di Vincenzo doveva sembrare un “allontanamento volontario” ma Guarente veniva incastrato da una videocamera di sorveglianza posta davanti all’ingresso della palazzina di Aversa in cui si notava l’ex militare caricare il cadavere in auto.

Una volta fermato, Guarente aveva riferito ai carabinieri di aver gettato il cadavere di Vincenzo nel mare a Licola, dove per giorni si sarebbero concentrate le ricerche, facendo poi sparire il cellulare e gli altri oggetti personali della vittima. Ma nelle acque del litorale domizio-flegreo nessuna traccia del corpo che, considerate anche le buone condizioni meteo, sarebbe dovuto riemergere nel giro di poche ore. Poi, il 29 luglio, il macabro ritrovamento dei resti di Ruggiero in un garage di via Scarpetta, una volta adibito ad autolavaggio. Il cadavere era stato sezionato, cosparso di acido muriatico e in parte occultato sotto uno strato di cemento fresco. Altri resti erano sparsi nel garage e altri addirittura non sono stati finora trovati, tant’è che la famiglia della vittima attende ancora l’autorizzazione per celebrare il funerale di Vincenzo.

Durante il processo la difesa di Guarente ha riferito che il suo assistito, quand’era minorenne e frequentava le scuole elementari di Ponticelli, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, sarebbe stato vittima di un sacerdote già accusato di pedofilia. Anche altre vittime del prete sarebbero state a conoscenza delle violenze subite da Guarente. Violenze, mai denunciate, ma che gli avrebbero provocato un grave trauma che, secondo la difesa del killer, potevano essere alla base dell’efferato delitto compiuto quel tragico venerdì sera.

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