Fidanzati si schiantano in auto: lei muore, in coma fratello del ragazzo che ha ispirato film di Salvatores

di Redazione

Il cinema può raccontare le storie ma i colpi di scena più spiazzanti te li riserva la vita vera. Un incidente d’auto nella notte di Halloween, a Musile di Piave, nel Veneziano. Una ragazza, Giulia Zandarin, che muore a 18 anni, il suo fidanzato, Alberto Antonello, 19, in coma. Entrambi di Castelfranco (Treviso). Una vicenda tragica come purtroppo molte di quelle che riempiono la cronaca. Il punto è che questa ha un intreccio drammatico difficile da immaginare.

Alberto Antonello, è il figlio di Franco e fratello di Andrea: la loro storia è stata raccontata prima nel libro “Se ti abbraccio non avere paura” dello scrittore Fulvio Ervas e poi nel film “Tutto il mio folle Amore” di Gabriele Salvatores, di recente uscito nelle sale dopo il successo alla Mostra del Cinema di Venezia. L’incidente è avvenuto questa mattina, verso le 8, a Musile di Piave, lungo la strada Treviso-Mare.  I due fidanzati stavano tornando a casa dopo una serata trascorsa con gli amici alla discoteca “King’s” di Jesolo per la notte di Halloween. Nel viaggio di andata nell’auto erano in sei amici: i ragazzi erano stati fermati verso l’una dalla polizia perché oltre il numero consentito dalla legge. Nel controllo era stato trovato un po’ di hashish, da qui il ritiro della patente e la consegna del permesso provvisorio per tornare a casa. Sottoposto all’alcol-test era risultato negativo.

Dopo la serata trascorsa in discoteca Alberto e la fidanzata decidono di rientrare a Castelfranco rispettando l’indicazione del permesso provvisorio, che indica la via più breve per tornare a casa. Poi, sulla variante alla Triestina, l’uscita di strada, che non avrebbe coinvolto altri mezzi. A lanciare l’allarme un altro automobilista, che ha visto l’auto nel fossato con i due giovani a bordo. Giulia era già morta, mentre Alberto è stato trasportato con l’elicottero all’ospedale di Mestre, dove ora è in coma farmacologico. I primi esami nel sangue avrebbero accertato la presenza di alcol nel sangue: per i neo-patentati alla guida il limite alcolemico deve essere pari a zero.

Il padre diAlberto, Franco Antonello, è un imprenditore che decise di lasciare il lavoro e dedicare la propria vita ad Andrea, l’altro figlio, autistico. Un’esperienza umana dalla quale è nato un libro, “Se ti abbraccio non aver paura”, scritto nel 2012 da Fulvio Ervas. “La storia che voglio raccontarti – disse Franco all’autore – ha la forza della vita vera e la bellezza di un sogno”. Dopo quell’uscita, un alto libro, scritto proprio da Franco e Andrea nel 2013, “Sono graditi visi sorridenti”. E, infine, un film, “Tutto il mio folle amore”, diretto da Gabriele Salvatores, tratto dalla penna di Ervas e presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia, uscito al cinema il 24 ottobre.

La vita vera accadeva 22 anni fa. Andrea aveva due anni e mezzo, troppo irrequieto per quell’età, troppo bizzarro nei comportamenti per non accorgersi che qualcosa non andava. La diagnosi, la decisione di papà Franco, mollare tutto (i collaboratori presero le redini dell’azienda di comunicazione del manager) e andare lontano, in viaggio con quel figlio speciale per imparare a convivere con un linguaggio diverso e sconosciuto, con un approccio coraggioso e inconsueto. Un padre e un figlio insieme per combattere, la decisione pazza di farlo on the road, attraversando l’America su una Harley Davidson rossa, in viaggio insieme per tre mesi. “Io e Andrea – si legge nel libro – attraverseremo tutte le Americhe possibili e immaginabili: due o tre, quelle che incontreremo. Ce ne andremo a zonzo, come esploratori”.

Il loro viaggio contiene altri viaggi. Attraversano insieme le terapie tradizionali, quelle sperimentali, quelle spirituali. Poi decidono di perdersi nelle foreste del Guatemala, di abolire la normalità per cancellare le differenze e non capire più chi fosse “il diverso”. Il tempo sospeso della strada, l’America tagliata in due dal motore. Andrea scopre i coccodrilli e li accarezza, conosce cameriere di bar e impara ad abbracciarle, ascolta le preghiere incomprensibili degli sciamani. E lungo il tragitto semina pezzettini di carta, come le mollichine di Pollicino, per essere sicuro di ritrovare la strada del ritorno senza sapere che però papà vorrebbe, al contrario, restare in viaggio per sempre, in cerca di una soluzione. “Una sfida nella sfida – si legge nel libro – siamo in movimento, non aspettiamo che la vita ci scarichi a una fermata”.

In quel cammino, da Las Vegas al Messico, dalle luci alla povertà del Guatemala, e poi i deserti, le barche, gli alberghi o i giacigli di fortuna, con il coraggio di un padre che vuole regalare al figlio tutta la vita che può, tutta la bellezza che trova, è nato un rapporto nuovo e straordinario ma pure, nel 2005, la fondazione “I bambini delle fate”, che attiva e finanzia progetti di inclusione sociale per piccoli e ragazzi con autismo e disabilità. Poi sono venuti il libro e il film di Salvatores, in cui Franco è interpretato da Claudio Santamaria, Andrea da Giulio Pranno, nel cast ci sono Valeria Golino e Diego Abatantuono.

Oggi Andrea ha 25 anni, segue il padre nel lavoro della fondazione, ha partecipato alla stesura dei due libri e a quella del film. E’ seguito da tutor, viaggia ancora con il padre, nella sua vita i problemi ci sono ma “c’è anche tanto divertimento”, ha raccontato il genitore, sottolineando come sia riuscito a garantire a suo figlio, con grandi sacrifici, un’esistenza più serena . Eppure “in Italia è un dramma per migliaia di famiglie, le difficoltà del quotidiano sono tante e in molti casi non sono belle le prospettive perché quando i genitori vengono a mancare i figli restano soli, chi ha soldi e cultura si salva ma gli altri finiscono nella disperazione”. Per questo è nata “I bambini delle fate”, fondazione e anche impresa: si siglano contratti grazie ai quali le realtà che operano con la fondazione (al momento settecento imprese e oltre duemila privati) versano una quota mensile che permette di finanziare progetti in tutta Italia. Tutto questo al destino interessa poco. Ora per Franco Antonello c’è un’altra pena, un figlio in coma, una ragazza di diciotto anni senza vita.

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