Lecce, le slot nelle mani della Sacra Corona Unita: 3 arresti

di Redazione

Oltre 50 militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Lecce, coordinati dalla locale Direzione distrettuale antimafia, sono impegnati in una vasta operazione antimafia (denominata “Hydra”) nelle province di Lecce, Taranto e Bari, in esecuzione di un decreto di sequestro, ai sensi del Codice Antimafia, richiesto dai magistrati della Dda salentina ed emesso dalla Seconda Sezione del Tribunale di Lecce, a carico di 3 persone, ritenute socialmente pericolose in quanto contigue ai clan della Sacra Corona Unita.

Le indagini, condotte dal Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce, hanno dimostrato la riconducibilità a tre fratelli di Racale, in provincia di Lecce, di una società a responsabilità limitata della vicina Melissano, leader nel settore del gaming e delle scommesse. La consorteria criminale indagata, al fine di schermare i proventi derivanti dal lucroso business del gioco d’azzardo, ha costituito ad hoc una società formalmente intestata ai dipendenti di un’altra azienda “di famiglia” già, peraltro, colpita da una misura interdittiva antimafia.

Le investigazioni dei finanzieri, che hanno esaminato centinaia di documenti, eseguendo numerose intercettazioni telefoniche, appostamenti e pedinamenti, hanno dimostrato la totale gestione delle attività imprenditoriali da parte del “gruppo criminale” che provava a schermarsi dietro compiacenti prestanomi. Gli investigatori hanno messo poi la lente di ingrandimento su operazioni commerciali sospette tra cui la cessione di un ramo d’azienda di un consistente valore commerciale, composto da apparecchiature da intrattenimento e dispositivi cambiamonete, a fronte di un lunghissimo e diluito pagamento rateale da parte di un prestanome che il Tribunale locale ha chiaramente dichiarato “economicamente incapace di avviare una così lucrosa attività partendo da zero”, segno che si trattava, evidentemente, di un tentativo per “schermare” i reali proprietari salentini che intendevano in tal modo sviare eventuali indagini a loro carico.

I Giudici leccesi, nel decreto, hanno precisato come ciò non sia bastato a fuorviare gli investigatori del Gico di Lecce; infatti, chiariscono “gli inquirenti evidenziavano in merito l’assoluta anti-economicità delle citate scelte commerciali, soprattutto considerando che la società interdetta, all’epoca leader nel mercato del gaming, in tal modo cedeva ad una società concorrente una quota significativa del proprio parco di apparecchiature a fronte di una rilevante dilazione dei pagamenti che avrebbe favorito l’azienda acquirente proprio nella sua fase di avviamento…”, rendendo questo comportamento del tutto ingiustificato dal punto di vista commerciale e meramente preordinato a “nascondere” la realtà portata alla luce dai militari delle Fiamme gialle salentine coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce.

Il Tribunale di Lecce, considerata la cosiddetta “sproporzione” tra i redditi del titolare della società – come detto mero prestanome – ed il valore della stessa, e tenuto conto che, in realtà, questa altro non era che una ditta “pulita” creata ad hoc proprio per consentire la prosecuzione delle attività illecite dei fratelli di Racale colpiti da misure interdittive e di prevenzione antimafia, ha disposto il sequestro delle quote societarie nonché dell’intero compendio aziendale della società che è titolare di oltre 1.500 slot machine dislocate nel centro e sud Italia, per un valore complessivo prudenzialmente stimato in oltre 7 milioni di euro, ritenendo che la stessa abbia rinvenuto i propri iniziali investimenti proprio nei capitali illeciti accumulati nel tempo dalla precedente Srl “divenendo oggetto di utile reimpiego degli stessi in un’ottica volta a creare un soggetto giuridico ove riversare le sostanze finanziarie lontano dalla visuale investigativa degli inquirenti”, recita testualmente il Tribunale di Lecce.

Contestualmente, i militari del Gico stanno procedendo alla notifica della sentenza di confisca di un patrimonio (una trentina di immobili, quote societarie e conti correnti) del valore di oltre 5 milioni di euro, riconducibile ai tre fratelli – emessa l’8 ottobre scorso da Tribunale di Lecce, nell’ambito del medesimo procedimento di prevenzione – per procedere poi all’effettuazione della conseguente misura ablativa trascorsi dieci giorni dall’avvenuta notifica agli interessati.

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