Rapina in villa a Lanciano, il medico aggredito: “Pensavo che ci ammazzassero”

di Redazione

“Ero convinto che ci avrebbero ammazzato tutti, ero certo che sarebbe successo il peggio. Ma io la pistola non me la compro lo stesso. Se ne avessi avuta una in casa, ci avrebbero ammazzato con quella”. Così, Carlo Martelli, il chirurgo 69enne aggredito da quattro rapinatori nella sua villa di Lanciano (Chieti) insieme alla moglie, Niva Bazzan. “Parlava solo uno, in italiano perfetto. Erano vestiti bene e avevano belle scarpe”, ha quindi raccontato.

Nell’intervista rilasciata a “La Repubblica”, Martelli racconta le due ore passate in balia dei rapinatori: “Mi sono svegliato con un cazzotto in faccia. E poi un’altra gragnuola di colpi: avevo visto che in casa c’era la luce accesa, ma pensavo che fosse mia moglie che doveva alzarsi presto per andare in gita a Roma. E invece mi sono ritrovato con un bandito che senza dirmi una parola mi massacrava di pugni”.  “Hanno portato mia moglie in camera e ci hanno legato – continua a raccontare Martelli -. Io sono stato sbattuto a terra e poi legato mani e piedi, tipo incaprettatura. Nel frattempo anche mia moglie è stata legata. Ci ripetevano: diteci dov’è la cassaforte o vi facciamo a pezzettini. Io ho detto che non avevamo nessuna cassaforte, ma ogni parola era un pugno”.

Dopo aver messo a soqquadro la casa per cercare la fantomatica cassaforte, i banditi se la sono presi con la moglie di Martelli. “Le hanno detto: ti diamo dieci minuti, se non ci porti alla cassaforte ti tagliamo l’orecchio – racconta il marito -. E lo hanno fatto, davanti a me. Poi però si sono convinti: hanno preso i bancomat e le carte di credito e sono usciti. Uno solo è rimasto con noi. Quando sono tornati, ci hanno lasciato il cellulare e la porta socchiusa, così siamo riusciti a dare l’allarme”.

Quanto alla possibilità di lasciare la villa di Lanciano, Martelli non sembra avere dubbi: “Quella è la nostra casa, l’abbiamo realizzata su misura per nostro figlio disabile, senza barriere architettoniche. Cercherò di renderla un po’ più sicura. Ma io la pistola non me la compro. Averla significa essere disposti ad usarla e un cittadino normale non lo è. E’ lo Stato che deve difenderci”.

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