Sesto San Giovanni, “O paga o pignoriamo”: 8 arresti per truffe ad anziani

di Redazione

I carabinieri di Parma hanno arrestato otto componenti di un’associazione per delinquere specializzata nelle truffe agli anziani. La segnalazione al 112 di una signora ha dato il via alle indagini da cui è emerso che i coinvolti lavoravano come una sorta di call center. Telefonavano a casa delle vittime spacciandosi per avvocati, funzionari in servizio nelle cancellerie o negli uffici contenziosi – recupero crediti di vari tribunali o Corte dei Conti – segnalando il mancato pagamento di abbonamenti a riviste riconducibili alle forze di polizia e l’esistenza di una conseguente consistente esposizione debitoria. Oppure proponevano una transazione bonaria per estinguere il debito a mezzo di bonifico bancario di cui fornivano il codice Iban per scongiurare l’attivazione del recupero forzoso del credito attraverso atti di pignoramento. In questo modo hanno messo in piedi decine di truffe in tutta Italia.

La banda, che aveva base a Sesto San Giovanni, è stata sgominata dai carabinieri del nucleo investigativo di Parma su mandato della Procura di Monza. Gli arrestati sono tutti italiani e i reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di truffe e riciclaggio. Le indagini sono state avviate dal reparto operativo dei carabinieri di Parma nel mese di febbraio 2016, quando una signora parmigiana di 75 anni ha riferito al 112 di essere stata appena contattata da tale dottor Peruzzi che le imputava uno stato di insolvenza, pari a circa 4 mila euro, derivante dal mancato pagamento di alcune rate di un abbonamento a una rivista delle forze di polizia.

Il fantomatico “dottor Peruzzi”, che affermava trovarsi nella stanza di un magistrato nel tribunale di Milano, la sollecitava – a suoi dire in accordo con il magistrato – a liquidare l’importo, comprensivo di iva all’11%, entro il mattino successivo in modo da evitare il pignoramento dei suoi beni a mezzo di ufficiale giudiziario. Forniva anche il codice Iban, l’indicazione della ditta beneficiaria e la causale del bonifico bancario: “Chiusura rapporti in essere”. Le verifiche condotte dai militari del nucleo investigativo di Parma hanno consentito di ricondurre il codice Iban a un conto corrente acceso alla United Bulgarian Bank di Sofia mentre le utenze telefoniche utilizzate dal dottor Peruzzi erano intestate a persone inesistenti e peraltro mai più utilizzate dalla banda.

L’indagine, che ha consentito di documentare 16 casi di truffe e di impedire che fossero portati a termine numerosi altri tentativi, ha dimostrato che il modus operandi era consolidato e si fondava su un’organizzazione strutturale e ben rodata. Dagli sviluppi investigativi è emerso infatti che nella quasi totalità dei casi le vittime avevano effettivamente sottoscritto in precedenza abbonamenti a riviste e che i loro nominativi erano confluiti in un archivio in possesso di uno dei componenti dell’organizzazione criminale A.D., 44 anni, operante nel settore dell’editoria. A fronte della omessa tempestiva disdetta degli abbonamenti, gli indagati richiedevano alle vittime il pagamento di somme rilevanti, variabili tra 2mila e 6 mila euro, minacciando conseguenze legali in caso di inottemperanza alle richieste formulate. Nell’ipotesi di pagamento immediato la vittima beneficiava invece di uno sconto anche fino al 50%.

Gli approfondimenti dei militari hanno definito il ruolo di tutti i componenti l’associazione criminale: V.F., 36 anni, attivo nel settore immobiliare, organizzatore del gruppo, era preposto alla ricerca delle basi logistiche, fornendo gli arredi, i telefoni cellulari e le relative schede; M. G., 40 anni, S.A., 43 anni, N.B, 28 anni, e P.F., 25 anni, erano i telefonisti del sodalizio che si presentavano rispettivamente come il dottor Peruzzi e il dottor Paganella i primi due e la dottoressa Perego e la dottoressa Nava le ultime, ovviamente tutti nomi di fantasia. In caso di esito favorevole del raggiro, il maltolto veniva suddiviso al 50% tra il telefonista e i primi due indagati (A.D. e V.F.); M.F, 43 anni, era intestataria di quattro conti correnti postali tra cui quello indicato alle vittime per l’effettuazione dei bonifici; M.S., 55 anni, era intestatario di una carta postepay sulla quale la banda faceva transitare i profitti del reato.

Agli ultimi due indagati il pubblico ministero di Monza ha contestato anche il reato di riciclaggio per avere ricevuto sulle rispettive posizioni bancarie i bonifici provento delle truffe e compiuto o fatto compiere operazioni tali da occultare la provenienza fraudolenta del denaro. In quattro dei casi documentati e compresi nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari, agli indagati è stata contestata l’aggravante di aver profittato dell’avanzata età delle vittime.

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