Carinaro, omicidio Ricciardi: assolti i teverolesi Di Martino e Lanzetta

di Redazione

Nicola Di Martino e Carmine Lanzetta, entrambi di Teverola, sono stati assolti dalla Corte di Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta da Giovanna Napoletano, “per non aver commesso il fatto” in relazione all’omicidio di accusati di Salvatore Ricciardi, ritrovato senza vita, semicarbonizzato, nelle campagne di Teverola il 18 marzo 2010.

Secondo la Dda Ricciardi fu ucciso perché fece un’estorsione a Carinaro, comune controllato da Di Martino, alias “Nicola 23”, ritenuto elemento del clan guidato da Nicola Schiavone, figlio primogenito del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone. I due sono stati difesi dall’avvocato Carlo De Stavola che, tramite una consulenza medica di parte, è riuscito a smentire l’ipotesi emersa dall’autopsia secondo cui Ricciardi sarebbe stato ucciso tra le 20.30 e le 21.30 del 18 marzo, orario in cui il segnale del cellulare di Lanzetta sarebbe stato captato proprio nei pressi del luogo dell’omicidio.

La Corte non ha poi giudicato attendibili le dichiarazioni di importanti pentiti del clan dei Casalesi, tra cui Salvatore Laiso, Roberto Vargas e Antonio Iovine, che avevano indicato in Lanzetta e Di Martino i responsabili del delitto.

OMICIDIO RICCIARDI – 30 anni, di Carinaro, il corpo di Ricciardi fu ritrovato, crivellato di colpi d’arma da fuoco e semicarbonizzato, in una zona di campagna lungo la via Appia, al confine tra Teverola e Santa Maria Capua Vetere, nel casertano. Il giovane era stato arrestato l’anno prima per estorsione insieme ad altre persone (tra cui il suo concittadino Ciro Ruffo, divenuto collaboratore di giustizia e poi suicidatosi nel dicembre 2009 nel carcere di Alessandria), con l’accusa di estorsioni continuate in relazione a due episodi. Il primo avvenuto a Carinaro, a danno di una ditta di Parete che stava eseguendo lavori di riqualificazione nel centro storico e che aveva già pagato la somma di 15mila euro a titolo di acconto. L’altro episodio a Trentola Ducenta dove il titolare di un bar, appartenente alla famiglia dello stesso imprenditore di Parete,stava per versare 3mila euro, come “prima rata”.

In alto la foto di Ricciardi, a seguire le foto di Nicola Di Martino e Carmine Lanzetta

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