Aversa, il Terzo Circolo esempio di integrazione razziale: ma ha bisogno di sostegno

di Antonio Arduino

Aversa – Con il 30 per cento dei 750 iscritti provenienti da paesi extracomunitari, appartenenti ad otto diverse etnie, il Terzo Circolo Didattico “Antonio Stefanile” può essere considerato la scuola dell’integrazione razziale.

Un’esperienza unica che vive la scuola aversana. Nata in una zona della città considerata periferia, anche se la sede dell’istituzione scolastica è a due passi da Porta San Giovanni, l’unica delle porte presenti nella cinta muraria di Aversa rimasta ancora in piedi e praticamente integra, nonostante sia stata deturpata da interventi di ristrutturazione probabilmente effettuati senza il controllo dei tecnici comunali e della Sovrintendenza ai beni culturali, artistici e paesaggistici che spesso interviene per tutelare siti meno importanti della città.

“L’esperienza che stiamo vivendo nella nostra scuola è eccezionale e dimostra come i bambini siano capaci di comunicare, giocare e fare amicizia fra loro senza badare al colore della pelle, alla razza o alla religione”, dice Anna Lisa Marinelli (nella foto), dirigente scolastico del circolo che, oltre alla sede principale di Porta San Giovanni, ha due plessi in via Madre Teresa di Calcutta (l’ex Quinto Circolo Didattico) e nelle palazzine Unra Casas.

“I bambini – continua la dirigente – hanno una capacità di associazione e di integrazione che non trova rispondenza con quella dei loro genitori che preferiscono restare in disparte, senza entrare nelle istituzioni come -ad esempio- le rappresentanze scolastiche che non hanno ancora visto un genitore extracomunitario proporsi quale rappresentate di classe”.

“Probabilmente, – aggiunge la professoressa Marinelli – si tratta di un comportamento naturale di difesa nei confronti di un ambiente che considerano estraneo e lontano dalle loro tradizioni ma per i bambini la cosa è diversa. I bambini si integrano da subito”.

“Certo, – osserva – abbiamo bisogno di farci capire, qui abbiamo la scuola dell’infanzia e le elementari, quindi bambini di età compresa tra i cinque e i dieci-unici anni che parlano poco o per niente la nostra lingua, di conseguenza abbiamo necessità di mediatori culturali. Ad esempio, questo anno ne abbiamo chiesto per un bambino dell’est ma potremmo averne bisogno per comprendere e farci comprendere da studenti di altre etnie che non hanno alcuna conoscenza della lingua Italiana. Ricordo che abbiamo piccoli che arrivano dal Marocco, dall’Albania, dal Ghana, dalla Cina”.

Naturalmente, in una scuola multietnica come la ‘Stefanile’ il momento della refezione è particolarmente delicata perché il cibo deve rispettare le tradizioni di tutti. E, a proposito di refezione, la dirigente sottolinea l’importanza che ha per gli studenti di questa parte della città perché assicura ai bambini di tante famiglie che vivono sotto la soglia della povertà un pasto caldo.

Da qui la necessità che l’Amministrazione abbia particolare attenzione per il Terzo Circolo Didattico che nello scorso anno scolastico sarebbe stato lasciato praticamente solo a sé stesso. Anche questo favorisce l’integrazione nel senso più ampio della parola.

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