Porto di Napoli, vertenza Conateco: sale la tensione

di Redazione

Napoli – Sale la tensione per la vertenza Conateco che da oltre un mese blocca il porto di Napoli. Il tavolo aperto dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio presso l’Autorità Portuale si è chiuso con una ipotesi di accordo che è stata sottoposta all’assemblea generale dei lavoratori.

Il commissario dell’Autorità portuale campana, Antonio Basile, ha comunicato ai sindacati e all’azienda che entro la prima settimana di settembre ci sarà un incontro al ministero dei Trasporti insieme al ministro Delrio e al suo collaboratore Ivano Russo.

Ancora una volta la posizione più intransigente è quella della Cisl che in una nota ribadisce la sua posizione. “Siamo arrivati al tavolo con le migliori intenzioni per un ragionevole tentativo di conciliazione – spiega il segretario regionale Lina Lucci – pronti a revocare gli scioperi proclamati, cosi come responsabilmente convenuto con gli uffici del ministro Graziano Delrio. Ma per chiedere sacrifici ai lavoratori dobbiamo sapere dall’azienda come intende uscire dallo stato di crisi ed a fronte di quale piano industriale dobbiamo rivedere la contrattazione di secondo livello”.

Lucci parla di disponibilità di facciata perché l’azienda “continua a rifiutarsi di fare chiarezza sulla propria situazione debitoria complessiva, così come continua a rifiutare di portare al tavolo il bilancio 2014 che dovrebbe essere on line sul sito della Camera di Commercio, ma che per motivi incomprensibili non si riesce a scaricare”. Secondo la Lucci come accaduto nei precedenti tavoli convocati presso l’azienda, la Regione, la Prefettura e il Comune di Napoli, si è assistito ad un ulteriore rifiuto dell’amministratore delegato Pasquale Legora de Feo di esibire il bilancio corrente, l’effettiva posizione di indebitamento aziendale verso l’Inps, Inail, l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia e soprattutto il Piano Industriale che l’azienda propone per uscire dalla crisi.

Sul tavolo una crisi profonda che interessa un doppio fronte lavorativo e industriale: poco traffico, tante difficoltà a mantenere tutti i 354 dipendenti, e una montagna di debiti.

La crisi del terminal è iniziata poco più di un mese fa quando i 354 dipendenti hanno ricevuto una busta paga tagliata in media di 250 euro – a causa del mancato rinnovo dell’accordo di secondo livello – e soprattutto una procedura di licenziamento per 101 dipendenti per i quali è stata avviata la cassa integrazione straordinaria, anche se la procedura deve ancora essere autorizzata dal Mise.

Poi c’è il fronte debitorio. Il principale terminal di Napoli solo con l’Autorità portuale ha un debito superiore ai sei milioni e mezzo di euro, fatto soprattutto di canoni di demanio e concessione non pagati. Un paio di settimane fa il segretario generale Cisl Campania Lina Lucci ha riassunto in una lettera al governatore della Campania, Vincenzo De Luca, la situazione debitoria del terminalista: 20 milioni di mancati versamenti Inps, Inail ed Equitalia; polizza sanitaria non versata dal 2009; trattenute sul quinto dello stipendio; sospensione dei buoni pasto; bollette non pagate; mancato versamento di canoni per la concessione demaniale e l’utilizzo di gru di banchina.

Per l’Autorità portuale, a monte di tutto, c’è la richiesta di un nuovo piano fideiussorio per il rientro del debito sulle concessioni. L’Authority ha dato a Conateco tempo fino al 30 settembre per presentarglielo, altrimenti la concessione del terminalista decadrà. Ma per quella data è probabile che il governo sarà già intervenuto.

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