Cantone: “Casalesi non più sinonimo di malaffare”

di Redazione

Casal di Principe – “Il termine Casalesi non è più sinonimo di malaffare”. Lo ha detto il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, arrivando a Casal di Principe dove nel pomeriggio riunirà per la prima volta lontano da Roma il Consiglio dell’Autority.

“È una giornata di festa – ha detto Cantone, arrivando al primo di una serie di appuntamenti all’insegna della legalità ed in ricordo delle vittime di mafia in programma giovedì a Casal di Principe – siamo qui per ricordare don Peppino Diana e per dare giusto merito a tutti gli abitanti di Casale onesti e perbene che si stanno affrancando da un marchio che non corrisponde alla realtà”.

Dopo il convegno all’Itc “Guido Carli”, cui ha partecipato anche il presidente dell’associazione Libera don Luigi Ciotti, Cantone renderà omaggio alla tomba di don Diana per ricordare assieme al sacerdote ucciso dalla Camorra tutte le vittime innocenti della criminalità organizzata. Nel pomeriggio, con inizio alle ore 15, la riunione del Consiglio dell’Anac.

Cantone si è scagliato scaglia contro i danni causati dalla corruzione e lancia la sfida di una rivoluzione culturale dal basso sulla scorta di quanto accaduto in passato per combattere la mafia: “La corruzione è un danno per il Paese, un tema che è stato sottovalutato per troppo tempo, quando si pensava che ce se ne poteva fregare se ci si accordava sugli appalti. Anzi, che chi lo faceva era sveglio. Non è cosi”.

Secondo il presidente dell’Anac “non è un problema di leggi, sono state fatte delle cose buone anche con le vecchie leggi, ma di mentalità. È una rivoluzione – ha detto l’ex pm anticamorra – che deve partire dal basso. Noi come Authority ce la stiamo mettendo tutta, ma servono più strumenti giuridici, soprattutto culturali, per far capire, come fu fatto all’epoca per la mafia, che la corruzione è un male come lo è la mafia che danneggia il tessuto sano del Paese e costringe i ragazzi ad andare via”.

Ricordando come “un segnale di cui tener conto” – così come si rileva dalle carte dell’inchiesta di Firenze sugli appalti in cui compare anche la raccomandazione di un monsignore in favore di un’impresa – Cantone ha messo in guardia da “chi utilizza il brand dell’antimafia per fare affari” e ha auspicato l’eliminazione di “tante strutture commissariali che non commissariano nulla e creano altri danni”. “Dobbiamo far passare – ha concluso – l’idea che la corruzione è uno dei mali più gravi del Paese. Questa è la sfida”.

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