“Pizzo di Stato”, il caso di un’imprenditrice balneare

di Antonio Arduino

 Aversa. In un territorio ormai tristemente noto per essere la “Terra dei Fuochi” e il regno dei casalesi sembrerebbe avere toccato il fondo, invece no.

Perché lo Stato in questo territorio “cancella” lo Stato e rappresentanti dello Stato negano diritti sanciti da una sentenza del Tar Campania, imponendo ad un’imprenditrice di pagare quanto chiesto, malgrado la sentenza del tribunale amministrativo dica l’esatto contrario, minacciando di farle chiudere l’attività in caso di non adempimento dell’ordine di pagare.

Accade ad una cittadina di Aversa, con attività nel comune di Castel Volturno, titolare dello stabilimento balneare “Lido delle Sirene”, di vedersi revocata la concessione, cosa che ne cancellerebbe l’attività e getterebbe sul lastrico tutti gli operatori della struttura.

L’imprenditrice si era rivolta al Tar Campania per opporsi al silenzio diniego del Comune di Castel Volturno alla sua istanza volta ad ottenere la riduzione della tassa per la raccolta dei rifiuti (Tia) effettuata in maniera autonoma, attraverso una ditta specializzata, che faceva riferimento al decreto legislativo 22/1997 che impone la riduzione dei tributi in ragione della percentuale raggiunta nell’autosmaltimento dei rifiuti effettuato nello stabilimento, arrivata al 98%.

A seguito del ricorso, ampiamente documentato, i magistrati, Cesare Mastrocola, presidente, Fabio Donarono, consigliere, e Carlo Dell’Olio, estensore, del Tar Campania il 4 dicembre 2013 avevano emesso una sentenza-ordinanza in cui, ricordando ai dirigenti comunali di Castel Volturno il decreto legislativo 22/1997, imponevano di provvedere in merito all’istanza di riduzione della Tia in applicazione degli articoli 2 e 3 della legge 241/1990, entro 30 giorni, riducendo gli stessi in ragione della percentuale di auto smaltimento. E disponevano la nomina quale commissario ad acta del Prefetto di Caserta, o di un dirigente da lui delegato onde provvedere, in via sostitutiva, nel termine di ulteriori 30 giorni nel caso il Comune non avesse provveduto ad applicare la sentenza. In più, il Tar condannava il Comune di Castel Volturno al pagamento delle spese di causa e mandava l’ordinanza alla Procura regionale della Corte dei Conti.

Tutto questo, però, non è bastato all’amministrazione comunale di Castel Volturno che, pur essendo retta da tre commissari prefettizi, quindi da tre rappresentanti dello Stato, essendo il Comune sciolto per infiltrazioni camorristiche, non solo non ha ottemperato alla sentenza-ordinanza del Tar, né la ha impugnata – come avrebbe potuto se avesse voluto agire nella legalità – facendo ricorso al Consiglio di Stato ma l’ha semplicemente ignorata, adducendo la necessità di dover rispettare un regolamento comunale del 2005, superato dalle leggi successive in materia di ambiente ed esaminato in dettaglio dai giudici del Tar Campania prima di sentenziare, imponendo all’imprenditrice di pagare subito quanto chiesto per non vedersi revocata la concessione. Insomma, pagare o morire per…fallimento.

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