‘Ndrangheta, operazione Polizia-Fbi: 26 arresti tra Italia e Usa

di Antonio Taglialatela

 New York. 26 provvedimenti di fermo eseguiti tra Italia e Usa contro la ‘ndrina ionico-calabrese capeggiata dalle famiglie Ursino e Simonetta e alcuni personaggi stranieri, tra cui uno legato alla nota cosca italo-americana dei Gambino.

Una vasta operazione antimafia compiuta dalla Polizia di Stato, con gli agenti dello Sco (Servizio centrale operativo) e della squadra mobile di Reggio Calabrina, in collaborazione con gli uomini dell’Fbi. Le accuse, per i fermati, sono di traffico internazionale di stupefacenti, armi e riciclaggio di danaro. Gli arresti sono avvenuti tra le province di Reggio Calabria, Napoli, Caserta, Benevento, Catanzaro e Torino, oltre che a New York. Sequestrati anche otto chili di droga a New York e Reggio Calabria.

40, complessivamente, gli indagati nell’inchiesta “New Brigde”, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e mirata a sgominare il sodalizio tra ‘ndrangheta, mafia italo-americana e narcos sudamericani, operante tra Italia, Stati Uniti, Canada, America centrale e Sudamerica. L’esponente dei Gambino avrebbe avviato, insieme agli affiliati alla ‘ndrina, trattative per l’apertura di un canale di traffico di cocaina fra il Sudamerica ed il porto di Gioia Tauro.

L’operazione, che ha impiegato agenti dello Sco e dell’Fbi sotto copertura, è stata coordinata, per l’Italia, dal procuratore reggino Federico Cafiero De Raho, dall’aggiunto Nicola Gratteri e dal pm Paolo Sirleo, e per gli Usa dall’Eastern District di New York.

Gli arrestati in Italia: Carlo Brillante, 49 anni, di Montefalcone di Valfortore (Benevento); Nicola Carrozza, di Marina di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria); Daniele Cavoto, 28 anni, di Benevento; Domenico Geranio, 32 anni, di Locri (Reggio Calabria); Cosimo Ienco, 23 anni, nato a Monroe (Usa); Eugenio Ignelzi, 38 anni, nato a Montreal (Canada); Daniel Lacatus, 40 anni, originario della Romania; Cosimo Marando, 82 anni, di Gioiosa Ionica; Andrea Memmolo, 28 anni, di Benevento; Giovanni Morabito, 62 anni, detto “’U Scassaporti”, di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria); Vincenzo Parrelli, 43 anni, di Locri (Reggio Calabria); Carlo Piscioneri, 45 anni, di Marina di Gioiosa Ionica; Nicola Antonio Simonetta, 65 anni, di Gioiosa Ionica; Antonio Francesco Tamburello, detto “Nick”, 45 anni, di Portanna (Trapani); Mario Ursini, di Gioiosa Ionica; Francesco Ursino, 32 anni, di Gioiosa Ionica; Francesco Vonella, 27 anni, di Catanzaro.

Gli arrestati a New York: Charles Centaro (riciclatore legato alla famiglia Gambino); Franco Lupoi (trafficante di stupefacenti legato alla famiglia Gambino e in collegamento diretto con la famiglia Ursino); Charles Fasarakis (funzionario della Alma Bank di New York); Dominique Ali (riciclatore collegato a Lupoi e alla famiglia Gambino); Alexander Chan (mediatore per gli acquisti di cocaina per conto di Lupoi e del cartello sudamericano); Raffaele Valente (sodale di Lupoi legato ai Gambino, responsabile della costituzione del sodalizio mafioso in provincia di Benevento); Freddy (fornitore delle partite di eroina e mediatore per gli acquisti di cocaina con il cartello sudamericano).

Le indagini. Gli indagati sono accusati di aver preso parte ad un’organizzazione transazionale finalizzata al traffico di eroina e cocaina tra la Calabria e l’America, avente come riferimento la famiglia di ‘ndrangheta degli Ursino di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria) e quella mafiosa siciliana dei Gambino di New York City, collegata ad un altro gruppo mafioso armato insediatosi nel territorio di Montefalcone di Val Fortore (Benevento) e zone limitrofe avente lo scopo di commettere una serie di delitti in materia di armi, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, nonché il commercio di sostanze stupefacenti.

Tutto iniziò a Brooklyn. Le fasi genetiche delle indagini, avviate dal mese di aprile del 2012, si dipanano da un incontro avvenuto a Brooklyn, negli Usa, tra Franco Lupoi ed il suocero Nicola Antonio Simonetta, indicato quale organico di un potente gruppo criminale della Calabria avente come base logistica Marina di Gioiosa Jonica, nel corso del quale si programmava la gestione un vasto traffico internazionale di sostanze stupefacenti tra l’Italia e gli Stati Uniti d’America, attraverso il porto di Gioia Tauro. Dopo l’incontro di Brooklyn, grazie alle numerose intercettazioni telefoniche avviate sulle utenze riferibili all’entourage familiare di Lupoi e Simonetta, emergeva il piano criminale di quest’ultimo, visto che, dopo il suo rientro in Italia, aveva immediatamente avviato una serie di ‘singolari’ contatti con alcuni parenti di suo genero, e con Francesco Ursino – figlio del noto Antonio Ursino, alias “Totò”, 65 anni, di Gioiosa Jonica, capo ‘ndrangheta attualmente detenuto – al fine di predisporre la rete necessaria per l’approvvigionamento di droga da inviare in America. Fin dalle fasi iniziali delle indagini è emersa le figura di Vincenzo Parrelli, cugino di Lupoi, il quale era in contatto con Simonetta per accordarsi circa il traffico di stupefacenti.

L’agente “Jimmy”. Fondamentale per l’avvio delle indagini il contributo di un agente statunitense sotto copertura, il cui pseudonimo era quello di “Jimmy”, che, grazie a un suo fiduciario, è riuscito a infiltrarsi nelle cosche newyorkesi ed a intrecciare rapporti con Lupoi. Ciò ha consentito di svelare un’attività diretta ad assicurare un’esportazione di sostanza stupefacente del tipo eroina dalla Calabria a New York. I personaggi calabresi hanno posto in essere operazioni funzionali al reperimento di eroina da mettere a disposizione dei partner statunitensi, acquistando stupefacente del tipo eroina sia nel versante jonico-reggino, dalla nota famiglia di ‘ndrangheta dei Morabito di Africo (Reggio Calabria) facente capo a Giovanni Morabito, detto “’U Scassaporti”, che nel Nord Italia. E’ stato di fondamentale importanza il sequestro di un chilo e mezzo di eroina, avvenuto a Reggio Calabria il 27 agosto 2012, che Ursino, Lupoi e Domenico Geranio consegnavano all’agente sotto copertura “Jimmy” a seguito dell’avvenuto pagamento di un corrispettivo pari a 30mila euro.

Narcotraffico mascherato da vendita di pesce. Individuate le modalità con le quali veniva importata la cocaina attraverso il calabrese Nicola Carrozza; questi, infatti, aveva preso parte ai dialoghi dai quali si evince che Ursino avrebbe elargito un prestito di poche migliaia di euro a Carlo Piscioneri, un imprenditore nel settore ittico, al fine di aderire al loro progetto. In buona sostanza l’intendimento dei sodali era quello per cui sarebbe stata allestita una attività commerciale (lecita) che doveva fungere da schermo per la importazione e ciò mediante una impresa dedita al commercio di prodotti ittici. La creazione di un canale per l’importazione in Italia di cocaina vedeva sempre come protagonisti, sul fronte americano, Lupoi e, sul fronte italiano, tra gli altri Ursino e Geranio. In quel contesto, Lupoi, nei periodi in cui si trovava negli Stati Uniti, si serviva di Rocco Parrelli per fungere da “ambasciatore” dei messaggi afferenti il programmato traffico.

Droga dalla Guyana a Gioia Tauro. Secondo il programma criminoso, le famiglie calabresi avrebbero acquistato circa 1 milione di euro di cocaina. La droga sarebbe dovuta partire da un mercantile della Guyana per arrivare a Gioia Tauro, stivandola in partite di pesce surgelato. Un importante riscontro circa il reale oggetto delle trattative è stato offerto da un’operazione di polizia (avvenuta tra il 12 e il 19 novembre 2012), in Malesia, che ha inciso sull’iter dell’organizzazione della fornitura di droga ostacolando i “programmi” dell’organizzazione italiana e di quella americana in quanto sono stati sequestrati di circa 76 chilogrammi lordi di cocaina in Malesia nei confronti di esponenti dell’organizzazione fornitrice di cocaina della Guyana.

Il gruppo beneventano. A seguito dell’arenarsi delle attività dirette all’importazione di cocaina attraverso il canale della Guyana, le indagini permettevano di individuare ulteriori proiezioni del traffico internazionale di stupefacenti. Infatti, gli esponenti della famiglia di New York, in particolare Lupoi e Raffaele Valente, facevano giungere in Italia, nel mese di aprile del 2013, un loro conoscente, Francesco Antonio Tamburello, detto “Nick”, che, in quel periodo, era stato espulso dagli Stati Uniti d’America. Gli investigatori avrebbero poi accertato che Lupoi e Valente avrebbero “affidato” Tamburello ad un’organizzazione criminosa di stanza nel territorio beneventano finalizzata non solo a commettere reati in materia di stupefacenti. In questo contesto è emerso un collegamento tra il gruppo criminoso di Gioiosa Jonica e quello beneventano che è stato rafforzato al punto che i singoli associati sono stati sottoposti a un vincolo più profondo, contrassegnato da affiliazioni e riti tipici di quelli di stampo mafioso.

Accordo alle Bahamas. L’indagine ha permesso di dimostrare chiaramente il ruolo di Tamburello di fungere da collante con i più svariati gruppi criminosi e di sfruttare le proprie pregresse frequentazioni in altrettanto criminosi ambienti americani dove aveva potuto condividere gli stessi interessi. E d’altronde non è un caso se lo stesso riusciva a interloquire con personaggi in contatto con narcotrafficanti sudamericani. In questo contesto deve essere messo in risalto il viaggio di Tamburello alle Bahamas (settembre 2013), utilizzando la copertura economica che avrebbero assicurato Daniel Lacatus e un tale “Angelo” (poi identificato in Bledar Halili) per acquistare il biglietto aereo, al fine di poter stringere accordi con fornitori di stupefacenti. Dopo il viaggio alle Bahamas, Tamburello manteneva i contatti sia con i beneventani che con i calabresi e, a partire dal 21 settembre 2013, tramite Lupoi, cominciava a intrattenere rapporti anche con Vincenzo Parrelli, fino a recarsi in Calabria, a Gioiosa Jonica, insieme a Eugenio Ignelzi, il successivo 26 settembre, per mettere in atto i propri progetti criminosi.

Il “patto di sangue”. Emersi, inoltre, i connotati mafiosi dell’associazione facente capo a Carlo Brillante. In alcuni dialoghi intercettati, uno degli appartenenti al gruppo “beneventano”, Francesco Vonella, faceva riferimento a un giuramento di sangue esistenti all’interno del gruppo ed indicava i personaggi di spicco del clan in Carlo Brillante, Raffaele Valente e Michele Amabile. Vonella, poi, addirittura parlava di simboli per il riconoscimento degli adepti al gruppo, quali un anello, un “collanone” e un bracciale.

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