Ucraina, sangue sulla protesta. Russia accusa Usa-Ue

di Redazione

 Kiev. Si rinfiamma la protesta in Ucraina e le strade del centro di Kiev tornano a macchiarsi di sangue. Sono almeno 26, secondo l’ultimo bilancio del governo le vittime degli scontri tra polizia e manifestanti scoppiati a Kiev ieri, martedì 18.

Secondo il ministero dell’Interno ucraino, un altro agente è deceduto per le gravi ferite riportate ieri. Sono 10, dunque, i poliziotti che hanno perso la vita finora nella capitale in seguito alle violenze. Una situazione che rischia di finire nella guerra civile e che mette in apprensione le istituzioni internazionali, mentre Mosca torna ad accusare l’occidente.

Il presidente Ianukovich, intanto, accusa l’opposizione di sperare di arrivare al potere dalla piazza e dice che si è “passato ogni limite chiamando la gente a prendere le armi. C’è una eclatante violazione della legge – ha aggiunto – e i colpevoli compariranno davanti alla giustizia”.

I manifestanti ucraini non intendono sgomberare la Piazza dell’Indipendenza a Kiev, come è stato loro intimato dalle autorità. Lo ha detto uno dei leader dell’opposizione, l’ex campione di pugilato Vitali Klitschko, annunciando che i dimostranti “rimangono nella piazza e non daranno la possibilità di sgomberarla”. Nella notte Klitschko ha anche incontrato il presidente Ianukovich nel tentativo di trovare una tregua.

In un’intervista a Gromadske tv, Klitschko ha detto che gli esponenti dell’opposizione hanno ascoltato per più di un’ora Ianukovich che li accusava di essere responsabili delle violenze delle ultime ore. Secondo l’ex pugile, però, il presidente non si è lasciato convincere e ha ribadito che i dimostranti devono abbandonare piazza Maidan.

Dopo una giornata tesissima, segnata da una serie di raid di gruppi di dimostranti, centinaia di poliziotti in assetto antisommossa hanno assaltato in serata Maidan Nezalezhnosti, la piazza Indipendenza da tre mesi cuore della rivolta antigovernativa. Nel pomeriggio, le autorità avevano lanciato un ultimatum ai dimostranti per sgomberare Maidan entro due ore (alle 18, le 17 in Italia). La polizia ha atteso due ore in più, poi, alle otto di sera in punto, è entrata in azione premendo su due lati della piazza.

Gli agenti delle forze speciali “Berkut” sono tanti e ben equipaggiati, ma devono vedersela con migliaia e migliaia di dimostranti, alcuni dei quali armati di spranghe, qualcuno anche di pistole. Alle granate lacrimogene della polizia i manifestanti rispondono con pietre, molotov e fuochi d’artificio, mentre centinaia di pneumatici vengono bruciati per creare una cortina di fuoco e fumo che freni l’attacco degli agenti. Un copione purtroppo già visto più volte a Kiev nelle ultime settimane.

La situazione in Ucraina rischia di sprofondare in una guerra civile, e violenze si segnalano anche in alcune città dell’Ucraina occidentale, tra cui Leopoli, roccaforte dell’opposizione più nazionalista, dove circa 5.000 insorti si sono impossessati di un deposito di armi.

Condanne delle violenze sono arrivate intanto dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, dal capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton, dalla Casa Bianca, dalla Nato. Mentre Mosca accusa l’Occidente: il ritorno della violenza nelle strade di Kiev è il “risultato diretto” della politica di Usa-Ue, ha affermato il ministero degli Esteri russo in una nota.

Ma l’Unione europea, intanto, non sta a guardare. “Ci aspettiamo che sanzioni mirate contro i responsabili delle violenze e dell’uso eccessivo della forza possano essere concordate urgentemente dagli Stati membri, come proposto dall’Alto Rappresentante” per la politica estera Ue, Catherine Ashton, ha scritto in una nota il presidente della Commissione José Manuel Barroso, commentando l’escalation di violenza in corso in Ucraina.

“Nonostante i margini negoziali fra governo ed opposizioni appaiano in queste ore ancora più ridotti, non esiste alcuna vera alternativa alla ripresa del dialogo, che l’Ue intende sostenere col massimo impegno. In caso di continuazione delle violenze, non escludiamo il ricorso a misure restrittive eccezionali”. Lo afferma il ministro degli Esteri Emma Bonino.

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