Ilva, nuovo mandato d’arresto per Fabio Riva

di Redazione

Fabio RivaTaranto. Fabio Riva, figlio dell’ex presidente dell’Ilva, Emilio Riva, è stato raggiunto da un nuovo mandato d’arresto nell’ambito di un filone dell’inchiesta della procura di Milano su una presunta truffa ai danni dello Stato che vede indagata anche l’Ilva.

E’ quanto hanno riferito fonti giudiziarie precisando che a Fabio Riva viene contestata una truffa da 100 milioni di euro alla quale avrebbero contribuito altre due persone arrestate, un professionista residente in Svizzera e un dirigente della Riva Fire.

All’industriale sarebbe contestato anche il reato di associazione a delinquere. L’inchiesta è coordinata dai pm di Milano Stefano Civardi e Mauro Clerici. L’ordinanza di custodia cautelare a carico di Fabio Riva e di altre 2 persone è stata firmata dal gip Fabrizio D’Arcangelo. Per Fabio Riva è stato necessario però emettere un mandato d’arresto europeo perché si trova in Inghilterra.

Da quanto si è appreso questa è una terza tranche di una inchiesta più ampia della procura di Milano su vicende finanziarie, societarie e fiscali del gruppo Riva, la famiglia proprietaria dell’Ilva di Taranto. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Fabio Riva, in concorso con altri, avrebbe realizzato un sistema per ricevere indebitamente erogazioni pubbliche utilizzando la legge Ossola che prevede contributi alle società italiane che esportano e che si trovano a far fronte a forti dilazioni di pagamento da parte dei clienti esteri.

Secondo gli inquirenti l’Ilva di Taranto non avrebbe avuto i requisiti idonei per accedere a questo tipo di contributi poiché tratta principalmente con governi esteri o grandi aziende che saldano o alla consegna o, al massimo, con scadenze di 30-60-90 giorni.

Per riuscire ad ottenere i contributi, è la contestazione dell’accusa, sarebbe stata costituita in Svizzera l’Ilva Sa, società che sarebbe stata interposta tra l’Ilva di Taranto e i committenti esteri così da far figurare che i pagamenti alla società italiana venivano fatti da quella svizzera la quale dilazionava i pagamenti nei tempi previsti per riuscire ad accedere ai contributi statali. Nell’inchiesta risulta indagata in base alla legge 231 anche la Riva Fire.

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