“E’ asciuto pazzo ‘o parrucchiano”: la compagnia teatrale ‘allarma’ Carinaro

di Antonio Taglialatela

 CARINARO. “E’ asciuto pazzo ‘o parrucchiano”. Così titolava, secco, senza alcun’altra descrizione, il manifesto apparso in questi giorni lungo le strade di Carinaro.

Molti cittadini si sono, come si suol dire, “impressionati”, credendo che fosse un riferimento al buon don Antonio Lucariello. Qualcuno ha anche azzardato l’ipotesi che Carinaro, ultimamente, fosse vittima di una sorta di “maledizione”: prima le dimissioni, improvvise, del sindaco Mario Masi, con conseguente crisi politica in maggioranza, ora la presunta “follia” del parroco.

Nulla di tutto ciò. Don Antonio, chiariamolo, è perfettamente sano di mente e continua, con grande bontà e dedizione, a guidare la comunità cattolica carinarese. Quello a cui il manifesto si riferiva è il titolo del prossimo lavoro teatrale della “Compagnia del Teatro Stabile Meridonale” di Carinaro, ossia la commedia “E’ asciuto pazzo ‘o parrucchiano”. Un’azione di “marketing”, dunque, quella che si celava dietro la campagna pubblicitaria della compagnia teatrale, che, dobbiamo dirlo, ha sortito un grande effetto “clamore”.

Lo spettacolo, per la regia di Giovanni Truosolo (nella foto), andrà in scena il 26 dicembre, al PalaIgloo di Carinaro, alla presenza dell’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, figlio illustre della cittadina aversana. “Daremo al pubblico un paio d’ore di spensieratezza, – spiega ‘Giannino’ Truosolo – soprattutto in questo momento particolare che caratterizza le nostre zone, tra crisi economica e allarme inquinamento. Tuttavia, pur trattandosi di una commedia, daremo al pubblico anche molti spunti di riflessione. Come diceva il grande Eduardo ‘il teatro è quel luogo in cui, pur recitando, si finisce sempre per dire la verità’”.

La storia è ambientata in un paese dal nome Pietrascura. Il tipico sito contadino, dove credenze popolari e misticismi, superstizioni e religione la fanno da padrone. Tutto si svolge nella casa del parroco, don Sandro, della sua perpetua donna Rosa e dell’esilarante sacrestano Modestino. Un sacerdote che vuole ad ogni costo risolvere qualsiasi scaramuccia avvenga in paese, per consolidare la fede popolare. Così pone in essere sotterfugi e ricorre a mezzucci non sempre condivisi da chi auspica di scalare le gerarchie paesane. Ci sono il sindaco, l’assessore, la cui moglie è sulle bocche di molti, e un avvocato mangione, che sembrano non discostarsi troppo dagli esempi odierni di una politica spesso dalla parte del più forte. Una baronessa, con la sua famiglia a seguito, il cui figlio è alle prese con un corteggiamento alla maestrina del paese, con la quale dà poi alla luce un bambino illegittimo. Rapporti contrastanti e mezze verità, spesso risolte dall’abilità della perpetua donna Rosa.

Le “magagne” escono fuori attraverso una “finta pazzia” del sacerdote e così ogni cosa torna al suo posto, sempre per intercessione di una Madonna adorata all’edicola solo quando il caso pare “urgente”. Ma è pur sempre la sapiente ingenuità dei due “servi”, così come vuole la commedia, a tirare le sorti nel finale.

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